Omicidio Vannini, i giudici: «I Ciontoli crudeli e bugiardi»

Marco Vannini, ucciso la sera del 18 maggio 2015 nel villino della famiglia Ciontoli a Ladispoli
Marco Vannini, ucciso la sera del 18 maggio 2015 nel villino della famiglia Ciontoli a Ladispoli
di Emanuele Rossi
Domenica 29 Novembre 2020, 17:28
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«Una condotta crudele con depistaggi e menzogne». Per i giudici di secondo grado del processo Vannini, c'è anche di più nei confronti dei Ciontoli, condannati per omicidio volontario nell'appello bis lo scorso 30 settembre (il capofamiglia Antonio a 14 anni e il resto della famiglia, la moglie Maria e i figli Federico e Martina a 9 anni e 4 mesi ciascuno). E cioè che «non si è certi nemmeno di cosa sia realmente avvenuto tra le quattro mura», scrivono i togati nelle motivazioni della sentenza riferendosi alla villetta degli orrori a Ladispoli, in via De Gasperi. Per i giudici, il decesso di Marco, la sera del 18 maggio 2015, «ha privato prima di tutto i suoi parenti», ma anche la stessa Giustizia, di conoscere una versione alternativa a quella fornita dai Ciontoli. Accuse agli imputati. «Secondo il loro racconto è riportato nel testo Marco Vannini sarebbe stato attinto dal colpo di pistola nel bagno, ma sono state rinvenute solo minime tracce di sangue». Morte attribuibile «ai ritardi nella corretta segnalazione dell'accaduto ai soccorritori».
LA RICOSTRUZIONE
Secondo i periti medici il ventenne sarebbe stato ferito alle 23,15. Da quel momento bugie e omissioni. Con la prima chiamata al 118 delle 23.41 subito annullata. E dove nella seconda, alle 00.06, i Ciontoli hanno continuano a non riferire del colpo di arma da fuoco. Neanche al personale dell'ambulanza arrivato in via De Gasperi 24 minuti dopo. «Per un'ora e 50 minuti circa è scritto nella motivazione della sentenza - i Ciontoli ebbero a tacere a tutti la vera natura della ferita del Vannini, non consentendo un corretto e tempestivo intervento medico che avrebbe permesso di salvarlo». La Corte di secondo grado valuta gli atteggiamenti dei Ciontoli: «Rasentano una vera e propria crudeltà nei confronti di un ragazzo ferito che urla di dolore e viene rimproverato per questo motivo, un ragazzo che è il fidanzato di Martina e che il padre afferma di tenerlo in considerazione come un figlio». Per i giudici gli imputati tentano di accordarsi su cosa dichiarare. E si chiedono inoltre come sia possibile che lo sparo di una Beretta calibro 9, in grado di produrre un suono da 150 decibel, soprattutto in un ambiente ristretto, sia stato avvertito da tutti come «un tonfo». E poi ancora: «Come può qualcuno di media intelligenza, con il ferimento di Marco e vedendo le pistole in bagno, credere alla versione del colpo d'aria propinata da Antonio Ciontoli?».
IL COLPO DI SCENA
Infine, il colpo di scena su Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli e presente anche lei la sera della tragedia e assolta già nel processo di primo grado. È stata ascoltata come testimone ma non ha convinto i giudici. «Non ha portato ad alcun elemento nuovo che possa modificare il quadro probatorio». Anzi, la sentenza parla di una «assoluta assenza di credibilità e della sua propensione alla reticenza». Soddisfatto l'avvocato dei Vannini. «Tutte cose sempre dette e pensate e che ora dice Celestino Gnazi - emergono con chiarezza in una sentenza. Attendiamo il definitivo verdetto della Cassazione. Certo, non sarà facile dimenticare chi ha affermato che quel colpo d'arma da fuoco e quella ferita non erano stati avvertiti neppure dal povero Marco. In ogni caso, non verrà lasciato nulla di intentato affinché ognuno si assuma le sue responsabilità. Compresa Viola Giorgini, che noi denunceremo per falsa testimonianza».
 

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