Delitto Vannini, ora Viola rischia la denuncia

Viola Giorgini in auto dopo la testimonianza in tribunale
Viola Giorgini in auto dopo la testimonianza in tribunale
di Emanuele Rossi
Giovedì 1 Ottobre 2020, 14:48 - Ultimo agg. 21:32
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Il giudice Gianfranco Garofalo in aula l'aveva definitiva «poco attendibile» lo scorso 9 settembre. Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli, era stata riascoltata dalla Corte non da imputata ma come persona informata sui fatti. Tra l'altro su richiesta degli stessi avvocati difensori. La testimone e unica assolta tra gli imputati in questa «storia disumana» - così si era espressa persino Elisabetta Ceniccola, sostituto procuratore della Cassazione - potrebbe passare i guai nel caso venisse denunciata per «falsa testimonianza». Difficile agisca d'ufficio la Corte d'assise d'appello soprattutto dopo aver già emesso la sentenza bis ma è la parte civile a quanto pare a giocare d'anticipo. «Tutti abbiamo sentito cosa ha detto un mese fa la Giorgini parla Celestino Gnazi, avvocato dei Vannini e credo la sua deposizione si possa riassumere con le parole del giudice Garofalo che l'ha interrotta valutandola non credibile. Stiamo esaminando tutti gli atti, molto probabilmente la denunceremo per falsa testimonianza». Il presidente del Collegio era stato determinato. «Signorina Giorgini ecco l'ammonizione del giudice Garofalo - la sua versione non è molto credibile, le ricordo che lei è testimone e ha l'obbligo di dire la verità, altrimenti incorre nel reato di falsa testimonianza».
GLI INTERROGATIVI
Viola Giorgini aveva cercato di rispondere a tutte le domande solo che in alcune era andata in palese difficoltà. Soprattutto all'interrogativo forse più importante, sul perché avesse detto in una intercettazione registrata dai carabinieri di Civitavecchia Ti ho parato il c... riferendosi al fidanzato. «Federico aveva paura che avrebbero potuto accusarlo poichè aveva toccato le pistole dopo l'evento tragico», ha cercato di chiarire Viola Giorgini subito di nuovo controinterrogata dal giudice: «Ma che bisogno c'era di mettersi d'accordo su dove e quando le avesse prese? Non riesco a capire e tra l'altro sulla pistola non c'erano neanche le impronte», era stata la successiva replica di Garofalo. Viola Giorgini anche su altri passaggi aveva esitato ripercorrendo i momenti successivi allo sparo avvenuto il 17 maggio 2015 nella villetta di via De Gasperi, a Ladispoli. «Mi ero fidata di Antonio Ciontoli, non avevo motivo di credere che non mi avesse detto la verità» e poi ancora: «Mi ero accorta solo di alcune tracce di sangue sul braccio di Marco», parlando dell'ormai celebre attacco di panico riferito sempre da Antonio Ciontoli. Senza dubbio agitata e impacciata in molti punti dell'interrogatorio Viola Giorgini si era giustificata con tanti «non ricordo». La fidanzata di Federico Ciontoli poi si era dileguata sfuggendo alla folla di cronista che l'avevano inseguita fino all'auto. Solo in un periodo aveva temuto il peggio quando Alessandra D'Amore, la pm titolare del fascicolo sull'omicidio, chiese ai giudici di primo grado una condanna a 3 anni per omissione di soccorso. Poi venne prosciolta dall'accusa.
 
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