Avellino, a scuola nei container trentasette anni dopo il terremoto

Avellino, a scuola nei container trentasette anni dopo il terremoto
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 22 Novembre 2017, 08:58 - Ultimo agg. 23 Novembre, 06:53
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Fa un po’ strano sentire, alla vigilia del 23 novembre, che in città potrebbero ricomparire i prefabbricati. A 37 anni dal terremoto, nella città simbolo del sisma del 1980 e capoluogo di un’area con i più alti parametri di pericolosità tellurica, dove c’è il grande parcheggio in via Piave potrebbero installarsi in 3 mesi delle strutture di emergenza. Stavolta, non per ospitare sfollati di case crollate, ma per dare la possibilità ai 1219 studenti dello storico liceo scientifico «Pasquale Stanislao Mancini», sequestrato 19 giorni fa dalla Procura, di avere classi, banchi e locali sicuri in un’unica sede dove poter seguire le lezioni. È l'ultima idea, partorita dal sindaco Paolo Foti con il prefetto Maria Tirone e la possibile adesione della Protezione civile.
Un'idea per la nuova emergenza, in una città dove, subito dopo la tragedia di 37 anni fa, sei nuovi edifici scolastici vennero tutti realizzati in quella che viene chiamata l'area del Campus, un centinaio di metri in via Morelli e Silvati, strada che va verso lo stadio nella contrada Baccanico. Sono pochi metri, dove si concentra quasi la metà delle scuole avellinesi. Spiegano all'assessorato all'Edilizia scolastica della Provincia, dove il dirigente Giovanni Micera è assente per malattia: «Abbiamo in gestione la manutenzione di 58 plessi nell'intera provincia. Di questi, 18 sono ad Avellino città. Siamo alle prese con continue rincorse a normative anti-sismiche che si rinnovano».

 

La chiusura del «Mancini» fa discutere. È l'effetto di un incastro di emergenze. Chiusa un anno fa dalla Provincia la sede del Liceo artistico «De Luca» in via Tuoro Cappuccini, con il nuovo anno scolastico quegli studenti vengono trasferiti nell'edificio di via Scandone dove c'era una succursale del «Mancini». Per sistemare i ragazzi del liceo scientifico, si pensa ad un'unica grande sede in tufo del 1936 nella centralissima via De Conciilis a due passi dal corso Vittorio Emanuele. Ma prima, la Provincia affida una perizia tecnica ad un noto docente dell'Università di Salerno, esperto di norme antisismiche: Luigi Petti. Fa le sue prove statiche e, nel presentare i risultati del lavoro eseguito con i suoi collaboratori attraverso ben 10 prove di statica, dice: «I ragazzi sono più al sicuro a scuola che a casa».
Qualche genitore non si fida, sono soprattutto quelli che avevano i figli nella succursale lasciata al Liceo artistico. Presentano esposti in Procura e, dopo una rapida consulenza eseguita da Francesco Saviano, perito del tribunale, il responso di sicurezza viene capovolto: la scuola è pericolosa. Nella consulenza della Procura, si parla di «imminente pericolo di crollo». Il 3 novembre, giorno di ponte con la scuola chiusa, il capitano dei carabinieri Quintino Russo sigilla le porte d'ingresso della scuola, dove giganteggia la foto incorniciata di Pasquale Stanislao Mancini con biografia riportata in tre lingue.
«Mano male che la scuola era chiusa - dice la direttrice dell'Ufficio scolastico provinciale di Avellino, Rosa Grano - Altrimenti si sarebbe dovuto pensare all'evacuazione immediata dei ragazzi. Abbiamo cercato di razionalizzare gli spazi, dopo la chiusura del Liceo artistico De Luca. Ora siamo in improvvisa emergenza».
L'emergenza, naturalmente, è la chiusura del «Mancini» disposta dalla Procura che, dopo il terremoto di Amatrice, pensò di avviare un monitoraggio sull'agibilità degli istituti scolastici. È affidato a tre sostituti della sezione reati contro la pubblica amministrazione. Il procuratore capo, il napoletano Rosario Cantelmo, due giorni fa ad un convegno si è lasciato andare ad un duro monito alla città: «Ad Avellino, anche le vicende più complicate sotto il profilo delinquenziale scivolano troppo facilmente di dosso e cadono troppo rapidamente nel dimenticatoio». Ora preferisce non alimentare polemiche sul sequestro della scuola, limitandosi a ripetere: «Noi facciamo i processi, non siamo insegnanti o amministratori, ci hanno segnalato una difficoltà e siamo intervenuti».
Di fatto, il sequestro della Procura ha fatto sprofondare la città in una difficoltà che alimenta tensioni e nuove polemiche. Gli studenti del «Mancini» rifiutano i turni pomeridiani, i genitori scrivono addirittura al capo dello Stato e ai presidenti di Camera e Senato, lamentando che chi ha poteri di intervento «si è limitato a dividere gli studenti in più istituti». L'assessore provinciale Girolamo Giaquinto vuole smorzare polemiche, evitandole soprattutto con la Procura. E dice: «Teniamo aperte le scuole che, secondo analisi tecniche, possono restare aperte. In questo momento, l'unico sequestro preventivo disposto dalla magistratura è al Mancini dove abbiamo trovato delle soluzioni per i ragazzi».
Parole caute, anche perché sulle scuole sono aperte due inchieste con degli indagati. Per la «Mancini», sono sotto inchiesta il presidente della Provincia, Domenico Gambacorta, il responsabile tecnico dell'edilizia scolastica ingegnere Giovanni Micera, il dirigente dell'area tecnica Antonio Marro, la dirigente scolastica Silvana Nicolina Agnes. In un'altra inchiesta, per la scuola media «Enrico Cocchia», a carico del Comune, sono indagati il sindaco Paolo Foti e due tecnici.
Spiega ancora la direttrice dell'ufficio scolastico provinciale, Rosa Grano: «Gli studenti per ora torneranno a scuola, con lezioni dalle 13,30 in tre plessi dell'area campus tutti vicini tra loro. Dobbiamo assicurare il compimento dell'attività curriculare in una scuola che è di eccellenza. Una soluzione tampone, per cui abbiamo già provveduto a traslocare 400 sedie e banchi».
Oggi, sotto la vigilanza dei carabinieri, saranno trasferiti i documenti sui 1219 studenti. Mentre all'Ufficio scolastico provinciale due locali sono stati prestati agli uffici di segreteria di due scuole chiuse. Ma anche la scuola alla fine di viale Italia, che confina con il «Mancini», rischia. È la «Solimena», scuola media in un bell'edificio bianco e grigio ex convento dell'800. Undici giorni fa, la visita dei carabinieri su delega della Procura. La dirigente scolastica, Amalia Carbone, attende con il fiato sospeso. Dice: «Per favore non mi faccia dire nulla, attendiamo le decisioni». Sulla volta al piano terra, pitturazioni fresche. Dice la dirigente provinciale Grano: «Anche in questo caso, abbiamo tutti i piani pronti, ma è una corsa continua».
Nel 2012, il Cipe incluse 16 scuole avellinesi nei finanziamenti stanziati per interventi di manutenzione nazionali: 259 milioni. Un milione e 557mila euro erano assegnati ad una scuola chiusa avellinese: l'Isis «Scoca» in via Pescatori, progettato nel 1978 e ultimato nel 1982. Il piano degli interventi era curato dalla Provincia, che ha chiuso la scuola per consentire l'apertura del cantiere. Chiusa anche l'Ipia «Amatucci» con gli studenti trasferiti in una succursale.
Quattro scuole sono quindi sbarrate ad Avellino, per interventi da realizzare o sopralluoghi tecnici che hanno consigliato prudenza. E poi l'intervento della Procura che, oltre al «Mancini» ha disposto la chiusura della scuola «Enrico Cocchia», gestito dal Comune. Un tecnico della Provincia dice: «Scontiamo ritardi del passato e poi abbiamo subito pesanti tagli sul bilancio negli ultimi anni. Abbiamo utilizzato 400mila euro per interventi di manutenzione, ma è una tensione continua».
Tensioni e polemiche. Oggi gli studenti del «Mancini» faranno un sit-in dimostrativo, contestando la «soluzione tampone». E, a gettare benzina sul fuoco, circola anche un monitoraggio di Ecosistema scuola 2017 sulle province di Avellino, Napoli e Salerno. Nel capoluogo irpino, sono stati esaminati i casi di 27 edifici. Dieci sono stati realizzati con criteri antisismici, 12 hanno certificazione sismica e il 51 per cento ha collaudo statico. Per tutti, esiste certificazione di idoneità statica e agibilità. Dati parziali. Spiega un ingegnere avellinese, esperto in normative antisismiche: «Le norme sono riviste di continuo. Da noi, il terremoto dell'80 fece da spartiacque. L'adeguamento fu necessario, come realizzare nuove scuole. Ma ora occorre equilibrio e raziocinio, altrimenti dovremmo abbattere e ricostruire tutte le scuole. Con quali soldi e su quali norme?»
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