Caso Dogana ad Avellino, Fuksas:
«Solo qui poteva accadere»

Caso Dogana ad Avellino, Fuksas: «Solo qui poteva accadere»
di Gianni Colucci
Mercoledì 26 Maggio 2021, 08:59 - Ultimo agg. 27 Maggio, 19:21
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Ha ricevuto anche una lettera di solidarietà di un avellinese che lo sprona ad andare avanti. «Mi ha fatto molto piacere, mi ha commosso. Gli italiani sono un popolo straordinario». 

Professor Fuksas, deluso?
«Ho scritto una lettera al sindaco e quel che dovevo dire l'ho detto. Non ci sono molte altre cose da dire». 

Può capitare?
«Non può capitare.

Può capitare, diciamo meglio, in questo Paese. A me non era mai successo». 

Ci sono spiragli?
«A me non piace la polemica. Se non mi vogliono in città non mi avranno. Se vogliono professionisti locali, non mi avranno. Voglio che stiamo tutti in pace». 

Rimasto male?
«Guardi che io qualche cosa da fare ce l'ho. Stiamo facendo qualche progetto nel mondo. Noi eravamo felici di fare una piccola cosa, la più piccola che avevamo mai fatto, ma di prestigio». 

Il sindaco che le ha detto per convincerla?
«È riuscito a convincermi, è una persona che a me piace. Quando mi ha chiamato non gli si poteva dire di no. Una persona che voleva fare una cosa importante per la sua città». 

Cosa ha visto nel primo sopralluogo?
«Ci sono venuto e ho comprese che lì non esiste più niente e c'è bisogno di un'idea. Da quaranta anni è in quello stato E rimarrà altri quaranta anni. Che le devo dire?». 

Il Consiglio nazionale degli architetti sostiene che non c'erano condizioni per derogare. L'hanno chiamata?
«Non mi chiama mai nessuno. Non credo che il sindaco sia tanto pazzo da fare un atto illegale e non credo nemmeno illegittimo. Non so come l'ha fatto: non faccio l'avvocato. Ma tutti fanno gli avvocati e i giuristi, facessero i giuristi allora. Io mi ritiro tranquillamente. Questa cosa non mi angoscia». 

Le norme dicono cose diverse sull'incarico che le avevano proposto...
«In Italia è una cosa unica: Antimafia, Anticorruzione, Corte dei conti. Non c'è paese al mondo che lo fa. A un mio amico tedesco che faceva un progetto in Italia chiesero il certificato Antimafia, lui si arrabbiò moltissimo e disse: non sono un mafioso». 

Norme di garanzia...
«Con la semplificazione che vogliono fare ci sarà del tempo da perderci. Le leggi in Italia sono 180 mila con un milione e mezzo di circolari applicative. In Francia sono sette-ottomila. Tante leggi e tante circolari ma abbiamo avuto con il covid più morti di tutti». 

A che progetto pensava?
«È un luogo che ha il fascino della rovina, un pezzo romantico. Quando ho guardato, mi sono documentato. Con il mio latino da liceo ho cercato di tradurre quel che c'è scritto: un monte frumentario, ne avevo già fatto un altro. Quando Caracciolo ci aveva messo le mani era destinato a quell'uso. Non sono uno specialista, avrei approfondito». 

È in condizioni difficili?
«L'unica cosa che mi sento di dire è di togliere radici e rami con attenzione. Bisogna intervenire subito. È pericoloso. Anche se si pulisce bisogna stare attenti. Sarebbe un peccato. Anche le stesse protezioni non credo che siano perfettamente congrue. Se non si interviene rapidamente c'è pericolo di crollo. L'ho studiata per un paio d'ore, penso che se la volete tenervi la Dogana dovete intervenire subito. Questo è il mio appello. Ci sono tre muri e mezzo, quel che resta ha perso la capacità di tenersi insieme. Bisogna intervenire, chiunque ha la buona volontà lo faccia». 

Cosa le resta di questa esperienza?
«Una lettera aperta di un cittadino. Una lettera scritta con garbo. Si rivolge a me con il Voi e la maiuscola. Si scusa è stato un duro colpo assistere dopo una settimana di attacchi alla Vostra rinuncia a ricostruire l'ex dogana. Il Vostro intervento avrebbe potuto dare una nuova luce alla città. Ricordo il 27 novembre 1980 quando la dogana fu distrutta da un incendio e da semplice cittadino le chiedo di ripensarci. Queste sono le cose che ti ristabiliscono un rapporto normale con la vita». 

L'ha rinfrancata?
«Questa storia incredibile ha messo in campo tutta una serie di interessi. Ma ce la faremo, ne usciremo fuori. Ora però voglio ribadire il mio appello: vi prego di tenerla in piedi, credo che ci sia qualcosa da fare. Ora che ho qualche progetto buono per le mani e sto imparando, mi pare che posso dire che qualcosa va fatta per quel monumento».

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