Delitto di Avellino, Giovanni e i genitori,
lacrime e silenzi in videochiamata

Delitto di Avellino, Giovanni e i genitori, lacrime e silenzi in videochiamata
di Gianni Colucci
Mercoledì 5 Maggio 2021, 09:01 - Ultimo agg. 6 Maggio, 20:00
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Una videochiamata tra i genitori e Giovanni. Pietro e Maria i genitori di Giovanni Limatola, hanno avuto modo di colloquiare ieri mattina con il figlio rinchiuso da dieci giorni al carcere di Bellizzi.

Una telefonata in cui si sono scambiate poche parole e tanti sguardi, in cui l'emozione ha avuto prevalenza su tutti gli altri sentimenti. Non erano quelli i momenti in cui si poteva pensare lucidamente alla tragedia alle spalle. E così tra il giovane e i suoi c'è stato un flusso continuo di sguardi che ha consentito ad una famiglia di ritrovare una forma di intimità, non certo di razionalizzare una tragedia.

L'inchiesta della procura sta affrontando anche altri aspetti di questa storia. Come ad esempio i rapporti tra il giovane e i suoi amici di Cervinara. In particolare la ragazza che si è presa la responsabilità, insieme alla madre, di accompagnarlo da Avellino al paese dopo l'omicidio.

Era la sua ragazzina storica, quella con la quale aveva avuto una relazione burrascosa, passata per un tentativo di suicidio da parte di Giovanni, sventato da un carabiniere, e un'aggressione al padre di lei.

Una vicenda complessa e oscura che mette in fila altri particolari sul carattere di Giovanni Limata, il giovane accusato di aver ucciso Aldo Gioia, il 53enne geometra della Fca che venerdì 23 aprile è stato ucciso con 14 colpi di arma da taglio mentre dormiva sul divano di casa.

Giovanni era appassionato, di wrestling, un duro che però si inteneriva facilmente, che voleva attirare l'attenzione a tutti i costi. Ma ogni suo comportamento (aveva abbandonato la scuola proprio a dicembre), finiva per creare danni. Come quell'alterco con il padre della ragazzina di Cervinara che aveva affrontato a muso duro ed era finito con una denuncia per l'adulto, che comunque aveva avuto dei problemi di salute dopo lo scontro, danni che continua a trascinarsi.

Eppure Giovanni era capace di suscitare empatia, quella degli adolescenti come lui, come la ragazzina che - dopo la brutta storia della lite tra Giovanni e il padre- convince la madre ad accompagnarla ad Avellino per recuperarlo.

A recuperarlo dopo un omicidio. Non certo perchè Giovanni aveva perso il bus (ma non chiaro se la ragazza davvero era a conoscenza che Giovanni avesse ammazzato).

Quella ragazza non gli ha chiesto niente sulle sue azioni. Ma forse non aveva compreso nemmeno le reali dimensioni del dramma di Giovanni e le conseguenze che avrebbero avuto le azioni che aveva compiuto.

Quella ragazzina che ha raccolto le sue confessioni, i suoi timori esplicitati nella chat, probabilmente vive un dramma altrettanto profondo. 

Giovanni scrive: «Che venerdì non dovrò uccidere un ragazzo o un ragazzino». E lei che replica: «Una ragazza. Hai detto due persone quindi due ragazze?». E Giovanni, parlando di Elena: «Mi ha chiesto di eliminare la sua famiglia...». E la sua amica che domanda con ingenuo stupore: «E perché, gli hanno fatto qualcosa? Se finisci nei guai non ci pensi a te?». 

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Ma Giovanni era preso dai suoi pensieri confusi: «Se mi conoscessi sapessi anche che non mi è mai fregato un cazzo di me stesso...». E l'amica: «Questo lo so. Però non voglio che ti fai male così». Quindi la rivelazione di Giovanni: «Non ho alternative». E alla richiesta: «Se non lo fai ci vai di mezzo tu?». Giovanni replica: «Così sembra...». C'era un ricatto sentimentale. Elena l'avrebbe lasciato? La sua amica prova a confortarlo: «Mi dispiace Giovanni, vorrei aiutarti». E lui: «Quanto può essere brutto innamorarsi di una persona».

Le domande della sua amica tambureggiano: Sono un po' ansiosa per te. Sei proprio sicuro di quello che vuoi fare? Non voglio farmi troppo i fatti tuoi, però ci vai di mezzo tu e mi dispiace». Dopo la chat Giovanni va ad Avellino in bus e organizza per ore, prima che a sera Aldo si appisoli, le modalità per entrare in casa, per organizzare la fuga (zainetti con gli indumenti e telefonini con batterie cariche).

L'avvocato che difende il giovane, Mario Villani, intanto ha anche avviato una serie di attività investigative di tipo difensivo, raccogliendo prove e testimonianze. Vuole portare al magistrato una ricostruzione quanto più fedele possibile del contesto sociale in cui viveva il giovane, della sua condizione psichica, ma sopratutto della scena del delitto.

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