Avellino: Isochimica, 4 condanne
per le vittime da amianto

Avellino: Isochimica, 4 condanne per le vittime da amianto
di Rossella Fierro
Sabato 29 Gennaio 2022, 08:34 - Ultimo agg. 09:52
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Gli ex operai Isochimica sono stati uccisi dall'amianto dell'Isochimica. E anche Rete ferroviaria italiana è chiamata a risarcire i parenti delle undici vittime accertate. Sono questi i passaggi chiave della sentenza di primo grado del processo all'amianto lavorato nella fabbrica killer di Borgo Ferrovia, periferia di Avellino, dal 1982 al 1991. Quattro le condanne arrivate a fronte di ventisette imputati per i quali la Procura avellinese aveva chiesto complessivamente cento anni di reclusione per omicidio plurimo colposo, lesioni gravissime, concorso in disastro ambientale per l'omessa bonifica del sito.

A margine di una lunga camera di consiglio il collegio presieduto dal giudice Sonia Matarazzo ha confermato le pene chieste dal sostituto procuratore Roberto Patscot per Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, funzionari di Ferrovie dello Stato ente che negli anni '80 affidò alla Isochimica spa di proprietà di Elio Graziano, all'epoca potentissimo imprenditore della zona e presidente dell'Avellino calcio, un appalto da oltre 70 miliardi di lire per eliminare 2300 tonnellate di amianto da oltre 2200 carrozze ferroviarie.

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I due funzionari, allora chiamati a verificare l'idoneità dello stabilimento, sono stati condannati a dieci anni di reclusione. Stessa condanna per Pasquale De Luca e Vincenzo Izzo, addetti alla sicurezza della fabbrica nata a ridosso della stazione ferroviaria dove nel post sisma furono assunti 333 giovanissimi operai. Sono loro quattro, secondo i giudici avellinesi, i responsabili delle morti di undici lavoratori, per le quali è stato accertato il nesso causale con l'esposizione alle fibre killer, e sono loro a dover risarcire in solido gli eredi delle vittime, il Comune di Avellino, l'Inail, l'associazione Lotta per la Vita, la Cgil e la Uil. Cinquantamila euro a testa, questa la provvisionale calcolata, per ventotto familiari dei lavoratori per un ammontare di un milione e quattrocentomila euro.
Ma è la condanna al risarcimento dei danni, in qualità di responsabile civile, di Rete ferroviaria italiana a far cantare vittoria al pool di legali degli ex operai Isochimica.

Oltre 230 i lavoratori che si sono costituiti parte civile al processo per i danni biologici subiti dall'inalazione dell'amianto. Se il reato delle lesioni gravissime è stato ieri dichiarato prescritto, l'accertamento della responsabilità di Rfi riapre la partita come spiega l'avvocato degli operai Brigida Cesta: «Riaffronteremo la questione perché la prescrizione in ambito penale è ben diversa dai termini del processo civile. Il percorso è in discesa perché il Tribunale ha accertato la responsabilità dei funzionari di Fs e ha condannato il responsabile civile Rfi ai risarcimenti in solido con i suoi dipendenti. Una tesi avvalorata dal rigetto della richiesta di risarcimento che la stessa società aveva avanzato in qualità di parte civile. Partita che riapriremo anche per quei lavoratori deceduti nel corso del processo per i quali non era stato cambiato il capo di imputazione ma che sono morti per mesotelioma, il tumore da amianto». Tutti assolti invece i ventitré imputati accusati di concorso in disastro colposo per non aver bonificato la fabbrica, il cui risanamento è ancora in corso e finanziato dal Governo con 13 milioni di euro.

A processo era finita, insieme ad alcuni dirigenti comunali, la quasi totalità della giunta in carica nel 2005 capitanata dal sindaco Giuseppe Galasso. L'accusa richiesto due anni di reclusione a testa per l'ex sindaco e per i suoi assessori. Stessa pena avanzata per il curatore fallimentare dell'Isochimica, l'avvocato Leonida Gabrieli, per gli amministratori di ben cinque società che nei primi anni 2000 avrebbero dovuto bonificare il sito, e per un funzionario Asl. Assoluzione anche per un altro ex sindaco del capoluogo irpino, Paolo Foti, accusato di omissione in atti d'ufficio. Finisce così, a quarant'anni dalla chiusura della fabbrica, il primo grado di un processo iniziato ad Avellino nel 2015 sulla scorta di una maxi inchiesta costruita dall'ex procuratore Rosario Cantelmo, insieme ai pm Roberto Patscot ed Elia Taddeo, poi trasferito poi a Napoli nell'aula bunker di Poggioreale dove ieri era presente l'attuale capo dei pm avellinesi Domenico Airoma. Solo dopo la lettura delle motivazioni, che saranno depositate entro 90 giorni, la Procura deciderà se ricorrere in appello contro le assoluzioni. Una sentenza che però non lascia l'amaro in bocca ai familiari delle vittime. «Nessuno mi ridarà indietro mio marito, ma almeno oggi un Tribunale ha riconosciuto le responsabilità di Ferrovie per la morte sua e di tanti suoi colleghi - commenta Cristina Guerriero, vedova di Nicola Montanaro morto nel 2018 - non c'è cifra che possa risarcire tanto dolore ma finalmente è arrivata un po' di giustizia».
 

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