Isochimica di Avellino,
primo verdetto per i 27 imputati

Isochimica di Avellino, primo verdetto per i 27 imputati
di Rossella Fierro
Venerdì 28 Gennaio 2022, 08:39 - Ultimo agg. 19:41
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È il giorno della sentenza Isochimica. A distanza di quaranta anni dalla chiusura della fabbrica dei veleni di Borgo Ferrovia, questa mattina nell'aula bunker del carcere di Poggioreale il giudice Sonia Matarazzo leggerà la sentenza di primo grado di uno dei procedimenti più lunghi e più importanti che Avellino ricordi.

È il maxi processo all'amianto iniziato nel 2015 e che vede protagonisti oltre 250 parti offese, in particolare gli ex operai alle prese oggi con le gravissime patologie derivanti dall'inalazione delle polveri killer e i familiari dei 33 ex colleghi che hanno perso la vita proprio a causa di quel lavoro. Sono 27 gli imputati accusati, a vario titolo, di omicidio plurimo colposo, lesioni gravissime, disastro ambientale per omessa bonifica, e la presenza di Rete Ferroviaria Italiana in qualità di responsabile civile.

Durissime le richieste di condanna che dodici mesi fa furono avanzate dal sostituto procuratore Roberto Patscot e su cui oggi ci sarà una prima risposta del Tribunale.

In totale cento anni di reclusione quelli chiesti dal pm che ha riservato le istanze più pesanti per gli imputati accusati dei reati più gravi. Dieci anni a testa quelli chiesti per Pasquale De Luca e Vincenzo Izzo, i collaboratori del proprietario della fabbrica Elio Graziano, principale imputato nel processo morto nel 2017 all'età di 85 anni. Stessa pena chiesta anche per i quattro funzionari di Fs che avrebbero dovuto verificare l'idoneità dello stabilimento scelto negli anni '80 per bonificare le carrozze dei treni da ben due milioni di chili di amianto per un affare inizialmente stimato in 70 miliardi di lire: si tratta di Aldo Serio, Giovanni Notarangelo, Mauro Finocchi e Silvano Caroti. Una richiesta di condanna di due anni e mezzo di reclusione quella avanzata per l'ex sindaco Giuseppe Galasso, di due anni invece per gli ex assessori Sergio Barile, Ivo Capone, Giancarlo Giordano, Luca Iandolo, Tony Iermano, Donato Pennetta, Raffaele Pericolo, Antonio Rotondi. Tutti presenti alla riunione di giunta che nel 2005 deliberò di sospendere la procedura in danno nei confronti della curatela fallimentare a cui era stata affidata la bonifica del sito, senza però ricevere garanzie su tempi, modalità e costi dell'operazione di risanamento dell'area. Omessa bonifica e concorso in disastro ambientale i reati contestati, con richiesta di due anni, anche agli allora dirigenti e funzionari dell'ente Giuseppe Blasi, Francesco Tizzani e Luigi Cicalese, al curatore fallimentare dell'Isochimica Leonida Gabrieli, e per i titolari delle varie ditte che avrebbero dovuto effettuare la bonifica, Biagio De Lisa, Giovanni D'Ambrosio, Giovanni Rosti, Francesco Barbieri e Francesco Di Filippo. Stessa richiesta di condanna per Michele De Piano, funzionario dell'Asl accusato di aver riferito nel 2010 all'allora vicesindaco Gianluca Festa, che a Borgo Ferrovia non sussisteva alcun pericolo amianto derivante dalla presenza della fabbrica.

Pene più lievi, sei mesi di reclusione, quelle proposte per il responsabile dell'Unità Operativa Amianto Luigi Borea, che secondo gli inquirenti non avrebbe sottoposto a controllo sanitario gli ex operai della fabbrica, e per l'ex sindaco Paolo Foti raggiunto da avviso di garanzia per non aver provveduto alla messa in sicurezza immediata del sito così come chiesto nel decreto di sequestro della fabbrica del giugno 2013.

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Un'inchiesta, quella su Isochimica, iniziata con l'iscrizione nel registro degli indagati di Graziano, Izzo e De Luca da parte dell'allora procuratore Angelo Di Popolo, poi ampliata dall'ex procuratore Rosario Cantelmo che insieme ai sostituti Roberto Patscot ed Elia Taddeo firmò oltre 220mila pagine di fascicolo. Una lunga storia processuale seguita passo passo dall'avvocato Brigida Cesta che insieme ai colleghi Antonio Petrozziello e Carmine Monaco rappresenta la stragrande maggioranza dei lavoratori. «Nonostante siano trascorsi tanti anni, si è trovato il coraggio di far venire alla luce una storia in passato risultata scomoda per molti, posta nel dimenticatoio evidentemente anche per interessi politici - commenta Cesta - Una risposta di giustizia ci sarà a prescindere dall'esito della sentenza, e questo grazie alla testardaggine dei lavoratori, al lavoro della Procura e ad un'istruttoria condotta dal collegio in maniera più che approfondita che ha dato ampio spazio a tutte le parti in causa. La consapevolezza che ognuno ha lavorato al meglio e nel rispetto delle parti, ci permetterà di accogliere la sentenza con serenità».

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