I ritardi di piazza Castello:
i lavori finiscono in Tribunale

I ritardi di piazza Castello: i lavori finiscono in Tribunale
di Flavio Coppola
Venerdì 1 Marzo 2019, 11:30
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Piazza Castello è ufficialmente un'opera in cerca d'autore. Fallito l'ultimo tentativo di mediazione, il Comune è pronto a disporre la risoluzione in danno del contratto con l'impresa partenopea Cogepa.

L'azienda, ieri, ha risposto con un nulla di fatto all'ultimatum di Piazza del Popolo per tentare la difficile ricomposizione del contenzioso nato la scorsa estate e già avviato in Tribunale. Attraverso la posta certificata, l'impresa ha spiegato, in pratica, che non ci sono più i termini per ricomporre il contrasto e che bisogna procedere in sede legale. Un'altra tegola per l'ente, che potrebbe ritrovarsi a dover risarcire Cogepa per oltre 7 milioni di euro. Ma anche per gli avellinesi, che attendono di poter riavere l'agorà dell'antico maniero ormai dal lontano 2012. Una vera e propria ferita nel cuore antico della città. Ovviamente, il Comune ha intenzione di giocarsi fino in fondo le sue carte. Per cominciare, procedendo con la risoluzione in danno, sarà legittimato ad andare avanti autonomamente per chiudere, una volta per tutte, l'estenuante telenovela. Bisognerà quindi individuare una nuova impresa che completi le opere. Il cronoprogramma è in linea con quanto prospettato solo pochi giorni fa ai commercianti dell'area dal commissario Giuseppe Priolo. L'ente proverà a riaprire entro aprile la strada che congiunge via Circumvallazione e Corso Umberto. I lotti verranno sdoppiati. Complessivamente, la nuova ditta dovrà occuparsi della ripavimentazione dell'agorà, dell'individuazione di un'area a verde, della costruzione di una strada di perimetrazione, della realizzazione degli impianti e dei sotto-servizi. Sei mesi di lavori in tutto. Nel nuovo progetto, verrebbero inserite pure le ultime rifiniture di Piazza Duomo e Collina della Terra, rimaste in sospeso nel precedente appalto. Il percorso è obbligato. Sebbene i residenti e i commercianti della zona siano letteralmente esasperati, e circa 15 saracinesche si siano irrimediabilmente abbassate in 7 anni di guai, di tempo il Comune ne ha ancora a sufficienza.
 
In base al dissequestro provvisorio giunto nei mesi scorsi dal Tribunale, che ha preso atto dell'avvenuta bonifica del sottosuolo, l'ente dovrà chiudere il tutto entro il 30 gennaio 2021. Nel frattempo, l'Arpac e la società esterna «Analisis», incaricata da Palazzo di Città, potranno proseguire nei monitoraggio periodici delle acque di falda, per confermare che i metalli pesanti (piombo e arsenico) alla base del sequestro, nel 2012, sono ormai un lontano ricordo. Le ultime analisi dicono che la sicurezza dei luoghi non è più in discussione. Ma prima di concedere il dissequestro definitivo, i giudici intendono ottenere tutte le garanzie del caso sull'assenza di inquinanti, da comprovare anche nel tempo.

Tutto fissato nero su bianco, lo scorso 3 dicembre, nel verbale tra Comune e Arpac in cui veniva fissato il piano di monitoraggio. Proprio il mancato dissequestro, però, ha indotto Cogepa ha trascinare l'ente in tribunale. E allora, parallelamente, procederà il contenzioso legale. Il prossimo 26 marzo, nel Palazzo di Giustizia di Napoli, avrà luogo la seconda udienza. In quella sede, le parti potranno finalmente esporre le rispettive argomentazioni. Il pasticcio, dal punto di vista del Comune di Avellino, è certamente dei peggiori. La prima e più immediata conseguenza del disastro, sotto il profilo economico, è che l'ente dovrà accantonare ulteriori e ingenti somme nel suo Fondo rischi. Proprio in un momento delicatissimo per la tenuta delle finanze comunali, con le casse vuote e il dissesto dietro l'angolo. La sensazione, infatti, è che si arriverà fino in fondo in un processo che potrebbe avere effetti dirompenti.
 
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