Giornata di ordinaria follia all'Azienda ospedaliera Moscati, dove è stato aggredito un medico in servizio nel Covid Hospital. Giuseppe Russo, pneumologo, è stato colpito alla schiena con un estintore scaraventatogli addosso dal figlio di un degente positivo e ricoverato da un paio di giorni nella struttura dedicata ai contagiati allestita nella Palazzina Alpi.
L'episodio increscioso s'è verificato nel tardo pomeriggio di ieri. Attorno alle 18, il giovane e sua mamma sono riusciti a entrare nella Palazzina eludendo i controlli delle guardie giurate presenti all'ingresso del pian terreno dove c'è l'area verde, ovvero quella di degenza ordinaria. Dunque, nonostante il Covid Hospital sia inaccessibile ai parenti dei degenti, i due, una volta varcata la soglia, hanno iniziato a urlare chiedendo di poter vedere il proprio congiunto, un uomo di 65 anni residente a Mugnano del Cardinale, pensando addirittura di poterlo portare via.
Sul posto sono intervenuti gli agenti della Squadra volante della polizia che hanno fermato e identificato la moglie e il figlio del paziente, che saranno denunciati per lesioni e violenza a incaricato di pubblico servizio. Il camice bianco è stato trasportato al pronto soccorso per le cure del caso. Il referto ha escluso fratture alle costole o altri danni interni, ma ha evidenziato una contusione toracica. Russo è stato, quindi, dimesso dal reparto di Emergenza. Scosso dall'accaduto, il medico s'è sfogato coi propri colleghi: «Durante il mio turno pomeridiano sono stato vittima di una aggressione. Il figlio di un paziente è entrato di forza nella palazzina e dopo aver sradicato l'estintore dal muro me lo ha scagliato sulla schiena. Vi assicuro che è più forte l'amarezza che il dolore fisico».
Resta da spiegare come siano state eluse le misure di sicurezza che in una struttura come il Covid Hospital dovrebbero essere più stringenti che altrove. Inoltre, si ripropone la questione, sollevata nei mesi scorsi sia dalle parte sociali sia da alcuni medici (a livello sia locale sia nazionale), delle visite ai contagiati che fornendo adeguati dispositivi di protezione individuale potrebbero pure essere concesse quando il quadro clinico del degente non è complesso. Purtroppo il Moscati non è nuovo a episodi del genere. Prima di ieri, l'ultimo in ordine di tempo s'era verificato lo scorso febbraio, quando nel reparto pronto soccorso una ragazza di 28 anni di Avellino, giunta a bordo di un'ambulanza del 118 e accettata al triage in codice rosso a causa di un forte stato di agitazione, aveva aggredito sanitari. Entrata in reparto, in evidente alterazione psichica - lei stessa avrebbe poi dichiarato di aver assunto consistenti quantità di alcol - la donna aveva inveito contro gli infermieri tentando ripetutamente di colpirli con calci e pugni. In quell'occasione, solo grazie all'intervento della guardia giurata e di altri operatori presenti in sala, la situazione era tornata alla normalità.
Secondo i dati dell'ultimo rapporto Inail (ottobre 2020) su aggressioni lavorative nella sanità e assistenza sociale, negli ultimi 5 anni sono stati 11mila gli episodi di aggressioni al personale sanitario, con una media di oltre 2mila casi l'anno. A pagare le spese del fenomeno di attacchi nelle corsie ospedaliere sono soprattutto le donne che rappresentano il 72,4 per cento dei soggetti colpiti rispetto ai colleghi uomini. Proprio per dare un sostegno ai medici e agli operatori sanitari è stato attivato, da anni, il Telefono rosso per accogliere segnalazioni di aggressioni in corsia.