«Il rischio zero non esiste, ma la mitigazione dei danni passa per la manutenzione ordinaria del territorio che resta lo strumento migliore per far fronte ad eventi climatici straordinari ormai sempre più frequenti».
Le drammatiche immagini dell'alluvione in Emilia Romagna e quelle della tragedia di Valencia non possono non far tornare alla memoria le scene simili registrate in Irpinia, ultime in ordine di tempo nel Mandamento Baianese e nel Vallo Lauro e, prima ancora, a Monteforte Irpino. Allerta massima sul territorio a tutti i livelli.
A cominciare dal capoluogo dove l'assessore all'urbanistica, Marianna Illiano, intervistata da Il Mattino, ha garantito l'impegno dell'amministrazione comunale sul dissesto idrogeologico, sul monitoraggio del rio San Francesco, tombato in buona parte negli anni '60, sulla messa in sicurezza delle sponde del Fenestrelle. Queste le sue parole: «Si può tenere sotto controllo un territorio solo se si conosce la sua natura, se si riconoscono i limiti dell'intervento umano rispetto alla forza della natura. È importante che si riparli del San Francesco non solo in termini paesaggistici, come si è fatto in un passato non lontano, ma anche in termini di rischio idrogeologico, vivendolo come una risorsa».
Un tema, quello della messa in sicurezza del territorio e dell'adozione di misure di prevenzione adatte quantomeno a mitigare i danni di alluvioni, esondazioni e frane, su cui l'ordine dei geologi interviene quotidianamente. Gli strumenti ci sono, a mancare a volte è la volontà politica di renderli operativi a trecentosessanta gradi.
Per Egidio Grasso, presidente dell'Ordine dei Geologi della Campania non c'è dubbio: «Ormai sappiamo che i calcoli fatti in passato sul periodo di ritorno degli eventi eccezionali non funzionano più, vanno rivisti. Così come va revisionata la rete scolante attuale. Un canale dimensionato per un certo quantitativo d'acqua, se viene ostruito o ridotto, determina un aumento notevole del rischio. Se a questo aggiungiamo che il quantitativo di acqua che arriva attualmente è di gran lunga superiore a quanto ipotizzato in passato, la situazione si complica ancora di più».
Per Grasso bisogna agire su due fronti, quello della manutenzione e quello dell'informazione. Sul primo aspetto dice: «La manutenzione ordinaria di tutti i canali e di tutti i corsi d'acqua necessita di una pianificazione specifica. I fondi però scarseggiano perché tutti i finanziamenti che arrivano, compresi quelli del Pnrr, riguardano progetti da realizzare ex novo. Eppure, intervenire prima delle catastrofi, liberando tombini e pulendo letti dei fiumi, costa dalle sette alle dieci volte in meno rispetto alle opere che servono quando salta tutto, dal singolo tombino, ai sottoservizi, alla strada. Il rischio zero non esiste, ma è chiaro che se si ha una condotta funzionante almeno al 50% in caso di eventi eccezionali i danni si possono ridurre. Inoltre, vanno individuati i punti critici su cui non si interviene nonostante la maggior parte siano già noti. In passato abbiamo sollecitato la costituzione dei presidi territoriali, squadre di geologi e ingegneri, quindi tecnici specializzati, pronte ad intervenire nei momenti di allerta. Conoscendo nel dettaglio i punti di crisi del territorio, ognuna di queste squadre in caso di allerta meteo saprebbe dove andare a controllare e indicare nell'immediato l'intervento da eseguire anche in somma urgenza».
C'è poi l'ampio capitolo dei Piani di emergenza comunali, finanziati dalla Regione in passato, adottati dai Comuni ma poi, aggiunge il presidente dei geologi: «lasciati chiusi nei cassetti. Qualcuno si è limitato a pubblicizzarlo subito dopo l'approvazione, ma poi non lo ha riproposto all'attenzione dei cittadini che, invece, andrebbero resi consapevoli su cosa fare in caso di emergenza. Ad esempio, svuotare e abbandonare i piani bassi delle abitazioni, spostare le auto dai luoghi di rischio. Non c'è un'informazione adeguata e la responsabilità non è solo dei cittadini ma di chi dovrebbe fornire loro gli aggiornamenti necessari».