Avellino, tornano i tavolini all'aperto:
«Ritroviamo la voglia di vivere»

Avellino, tornano i tavolini all'aperto: «Ritroviamo la voglia di vivere»
di Antonello Plati
Martedì 27 Aprile 2021, 08:29 - Ultimo agg. 21:44
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«Una boccata d'ossigeno». Nel vero senso della parola. Primo giorno in «zona gialla», ieri, con l'allentamento delle restrizioni e, dunque, tra le altre cose con la possibilità di mangiare al ristorante e in pizzeria rigorosamente all'aperto, ma anche di prendere un caffè al banco o seduti all'esterno del bar. Gli avellinesi rispondono bene con buone presenze ai tavoli dei locali del centro. «Ho prenotazioni per l'intera settimana», dice Giuseppe Maglione proprietario della pizzeria Daniele di Viale Italia. Attorno alle 13, sotto i portici sono davvero in tanti a mangiare la pizza: «Ho perso il conto rispetto ai giorni che abbiamo passato in zona rossa e arancione. Certo, abbiamo lavorato tanto con l'asporto e con le consegne a domicilio, avviando anche un servizio innovativo di vendita on line della nostra pizza confezionata sottovuoto, la spediamo in tutta Italia». Ma lavorare con le persone ai tavoli è un'altra cosa: «Non c'è paragone, spero che quanto prima si possa aprire anche la sala interna». E quindi un pensiero va ai tanti ristoratori irpini che non hanno spazio all'aperto: «Tanti colleghi non hanno la possibilità di mettere i tavolini fuori, sono vicino a loro in questo momento così difficile e ribadisce Maglione confido nel fatto che quanto prima si possa tornare a lavorare in sala». 

Una proposta per risollevare le sorti di tutti arriva dal centro storico.

Thomas Taccone, dell'Osteria giù da Thomas a pochi passi dalla Dogana, dice: «Abbiamo fatto una richiesta all'amministrazione comunale per chiedere la pedonalizzazione nelle ore serali delle strade che ricadono nel perimetro del centro storico sul modello di quanto fatto, con successo, l'anno scorso. In questo modo spiega Taccone anche i colleghi che non hanno la possibilità, in questo momento, di predisporre posti a sedere all'esterno potranno farlo». Nelle prossime ore è atteso una risposta da Piazza del Popolo: «L'amministrazione comunale commenta ancora Taccone s'è mostrata sempre sensibile alle istanze dei commercianti del cuore antico di Avellino: sono convinto che anche questa volta sarà così». Intanto, l'Osteria Giù da Thomas ripartirà venerdì prossimo: «Ci stiamo organizzando, i tavoli saranno posizionati davanti la Dogana: ci saranno almeno una ventina di posti».

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Al lavoro per una prossima riapertura al pubblico, tra gli altri, anche Mimì in Viale Italia e Tratturì di via Colombo, entrambi partono oggi sia a pranzo sia a cena. «Questi sono i primi clienti che servo al tavolo dopo tantissimo tempo», dice Pietro Lepore, direttore di sala del ristorante Barone in Corso Umberto. «È un periodo molto duro, ma siamo convinti di potercela fare». La proprietaria, Lucia Taccone, conferma: «Dobbiamo impegnarci al massimo, senza piangerci addosso». Ottimo riscontro in termini di presenze alla Sirena di via Mancini, ristorante dove è possibile gustare piatti a base di pesce. «Era ora», esclama la proprietaria Carmen Peluso. «Spero che le condizioni meteorologiche siano favorevoli, consentendoci di lavorare con continuità. Noi ne abbiamo bisogno, ma anche le persone hanno voglia di tornare alla normalità e condividere momenti di convivialità come possono esserlo, appunto, un pranzo o una cena al ristorante». E nel giorno dell'allentamento delle restrizioni, l'Unione regionale cuochi della Campania, con il presidente Luigi Vitiello e il segretario regionale Pietro Montone, ricorda: «Da mesi e mesi siamo stati abbandonato a noi stesso. I ristoranti senza spazi esterni, le strutture per matrimoni ed eventi restano chiusi nell'indifferenza di tutte le istituzioni pubbliche». Nessuno sa quando la situazione potrà cambiare in meglio: «Migliaia di giovani coppie campane vivono da mesi senza una prospettiva certa per il loro matrimonio. Rinvii su rinvii e intanto l'intero comparto sta fallendo. Siamo in una crisi drammatica con tanti colleghi che stanno chiudendo i propri locali strangolati da fitti, mutui, tasse, utenze e via di questo passo». I cuochi non ne possono più: «Dopo un anno di emergenza sanitaria non si è riusciti a far riaprire tutto il comparto e migliaia di colleghi si apprestano a cambiare lavoro perché hanno chiuso per fallimento». Quasi una resa per il comparto, secondo Vitiello e Montone: «Ad iniziare da quello delle cerimonie, dove - concludono - non c'è alcuna certezza né garanzia sul futuro».

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