Bomba al testimone del processo Pago,
scoperto il mandante: è un 48enne

Bomba al testimone del processo Pago, scoperto il mandante: è un 48enne
di Vincenzo Castaldo
Venerdì 24 Luglio 2020, 12:06
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Un attentato esplosivo ai danni di un imprenditore per impedirne la testimonianza: arrestato dopo due anni il mandante.

Si tratta di Luigi Vitale, 48enne originario di Pago e già noto alle forze dell'ordine per i reati di ricettazione e detenzione illegale di armi da fuoco. L'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea ed eseguita all'alba di ieri a Lauro dai carabinieri.

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L'uomo è ritenuto gravemente indiziato dei delitti di «violenza e minaccia per costringere a commettere un reato, cessione e detenzione di materiale esplosivo, induzione alla falsa testimonianza - con l'aggravante di aver agito con modalità mafiose» (nel fascicolo risulta indagato anche il 35enne di San Paolo Belsito Gianluca Venezia, residente a Pago). Il provvedimento cautelare emesso nei suoi confronti scaturisce dalle indagini condotte dall'Arma in relazione alla potente bomba carta fatta esplodere la sera del 21 giugno 2018 a Bosagro di Quindici sull'auto in sosta dell'imprenditore Patrizio Donnarumma, titolare di un'azienda edile e di movimento terra a Fontenovella di Lauro, allo scopo di indurlo ad ammorbidire la sua testimonianza alla vigilia del procedimento penale che vede fra gli imputati l'ex sindaco di Pago, Giuseppe Corcione, e alcuni membri della sua amministrazione coinvolti in vari filoni dell'inchiesta condotta dal pm Francesco Soviero. L'imprenditore 40enne di Bosagro, cognato di Fiore Graziano (figlio del boss Arturo), non cedette però all'atto intimidatorio: il giorno dopo si recò regolarmente al Tribunale collegiale di Avellino per far sentire in aula la sua versione dei fatti. L'imprenditore, anche lui già noto alle forze dell'ordine (fu arrestato nel maggio del 2008 assieme ai due suoi fratelli maggiori nell'ambito di una indagine che ha portato poi a quella conclusiva denominata «Rewind» che ha sferrato un duro colpo al clan Graziano con 22 ordinanze di custodia cautelare), confermò in aula larga parte delle accuse di estorsione mosse proprio nei confronti di Vitale, ritenuto oggi dagli inquirenti vicino al gruppo Sangermano che fa capo a due nipoti del defunto boss Biagio Cava. Donnarumma sostenne di aver rifornito il 48enne di Pago di 2mila euro di materiali edili per i lavori a un casetta in costruzione in località san Pietro a Pago (poi demolita nel 2013 perché risultata abusiva a seguito di indagini condotte dal Commissariato di Polizia di Lauro) e di non essere stato pagato per mesi. Inoltre, l'imprenditore di Quindici rivelò che Vitale prese a schiaffi il suocero perché non gli aveva mandato una pala meccanica e che in un'altra occasione gli sbarrò la strada con l'auto in compagnia di alcuni familiari tentando di aggredirlo perché non gli aveva consegnato del materiale.

La testimonianza di Donnarumma ha dato senza dubbi un importante contributo alle indagini condotte in questi due anni circa dai militari del Reparto operativo di Avellino e che hanno portato ieri all'arresto di Vitale in qualità di mandante dell'attentato esplosivo di cui l'imprenditore è stato vittima nel 2018, «epilogo di una lunga serie di minacce maturate tutte in ambiente camorristico anche con l'aiuto di un altro indagato».

Tutto questo a 48 ore dal blitz dei carabinieri nel Vallo e nel Nolano che ha portato ad arrestare Giuseppe Pacia, 62enne di Taurano considerato contiguo al clan Cava, e altre cinque persone gravemente indiziate del reato di tentata estorsione (richieste di soldi e vendite fittizie di terreni) con l'aggravante del metodo mafioso ai danni di un altro imprenditore edile originario di Quindici.

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