Caposele, la guerra dell'acqua tra Campania e Puglia che dura da più di un secolo

Per la prima volta ci sarà un ristoro

Le sorgenti del fiume Sele
Le sorgenti del fiume Sele
di Paola De Stasio
Sabato 25 Marzo 2023, 09:36
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Un paese che si specchia nel suo fiume, il Sele e nelle sue sorgenti, qui il flusso dell'acqua regola lo scorrere del tempo e della storia, racconta la vita di una comunità e di un territorio ricco ma tanto fragile, generoso e finora mal ripagato.
E' da queste parti, dal gruppo sorgentizio della Sanità che vengono captati 4500 litri al secondo di acqua su un totale 7800 al secondo che alimentano l'Acquedotto Pugliese, il più grande del mondo con i suoi 244 km di lunghezza, 3000 km comprese tutte le diramazioni. Un'opera realizzata agli inizi del 1900 per far fronte alla siccità della Puglia e che è stata presa a modello in questi giorni all'Onu a New York alla conferenza globale sull'acqua, dove l'ente Acquedotto Pugliese è stato invitato a partecipare, definita come «opera che ha cambiato la storia del territorio, il più grande acquedotto realizzato in epoca moderna e che ancora oggi è studiato sui testi delle principali università americane». Resta un punto interrogativo sull'intesa Campania Puglia in bilico tra decisioni del tribunale superiore delle acque e proclami di Emiliano e De Luca.


Tra passato e presente, in nome dell'acqua si sono consumate rivolte, come quella del '39, in epoca fascista, sono stati subiti torti come il mancato ristoro per 120 anni. Bisogna far fronte continuamente a frane, smottamenti, cedimenti e convivere con il timore dell'impatto ambientale, dell'aumento della captazione di acqua, con il raddoppio della vecchia galleria idrica Pavoncelli. Una comunità intrisa di spiritualità che si sente protetta doppiamente dal Santuario di San Gerardo a Materdomini e dalla Madonna della Sanità, che secondo la leggenda, durante la seconda guerra mondiale fece calare la nebbia, fenomeno più unico che raro a Caposele, disorientando i bombardieri che sorvolavano la valle del Sele per centrare l'obiettivo strategico numero Uno: le sorgenti dell'Acquedotto Pugliese.


E poi corsi e ricorsi storici e fluviali. Si tramanda di padre in figlio la memoria degli eventi del 39, la "rivolta dell'acqua" che non trovò spazio su nessun giornale dell'epoca, neppure una crepa si aprì nella rigida censura fascista, tante crepe hanno continuato ad aprirsi, invece, nella terra franosa di Caposele. La rivolta esplose quando il regime decise di incanalare anche le acque residuali che assicuravano la vitalità del fiume Sele.
Il comune non aveva avuto nessun riconoscimento rispetto all'immenso beneficio ricevuto dalle popolazioni pugliesi.

Tuonava in ogni angolo della piazza don Pasquale Ilaria, unico antifascista dichiarato: «La storia si ripete! Spero che questa volta i caposelesi abbiano sangue nelle vene e non acqua. Tutto il paese deve scendere in piazza per bloccare questa vergognosa operazione. Era un paese da favola, mulini, oleifici.. Alla fine dell'800 avevamo amministratori sciagurati che vendettero Caposele per trenta denari, pian piano la Puglia prese tutte le acque e ci lasciarono le frane».

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La collera sfociò in protesta. Dal parroco al podestà. Scesero in piazza fiere ed orgogliose le donne, donna Ersilia capeggiava la rivolta delle popolane. Una mattina di aprile arrivò il prefetto Tamburini a bordo di una Balilla, per prima cosa rimosse il podestà dal suo incarico, poi iniziò a parlare ad una piazza sconcertata per la presa in giro «la vostra ricchezza è il legno». Tutti urlavano. A quel punto il prefetto ordinò ai carabinieri di arrestare la gente che protestava. Il comune fu commissariato, i rivoltosi furono imprigionati, altri mandati al confino. E Caposele perse la guerra dell'acqua.

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