«Clan irpini depotenziati ma allerta alta sul Pnrr nei piccoli Comuni»

L'intervista al Questore Maurizio Terrazzi

Maurizio Terrazzi
Maurizio Terrazzi
di Katiuscia Guarino
Mercoledì 12 Aprile 2023, 08:18
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Signor Questore di Avellino, Maurizio Terrazzi, oggi si celebrano i 171 anni della Polizia di Stato con un evento al Conservatorio Cimarosa. Passa anche da questi gesti la memoria di un impegno quotidiano che i suoi agenti profondono per tutelare la collettività? Solo pochi giorni fa si è celebrato, alla presenza del ministro Piantedosi, il decennale della scomparsa di Antonio Manganelli.
«La Festa della Polizia ha una sua struttura collaudata ma non in maniera formalistica. La deposizione della corona ai nostri caduti in Questura non è solo un omaggio doveroso, ma è il fil rouge che ci lega all'attività quotidiana di servizio. Le iniziative del 23 marzo (quelle alla presenza di Piantedosi, ndr) sono state importanti, proprio perché legate al nostro compianto e grandissimo irpino, Antonio Manganelli, che ha lasciato un segno profondo in tutto il sistema della sicurezza e non soltanto della Polizia italiana. La memoria e il presente sono tutti nel tema "Esserci sempre". Ciò che conta è la nostra capacità di rispondere alle aspettative della gente».
L'appuntamento con le celebrazioni è anche momento per tracciare bilanci. Nell'ultimo anno è stato alzato il livello d'attenzione sui flussi di denaro verso l'Irpinia. Qual è la situazione?
«L'illegalità c'è a prescindere. Si parla dei fondi del Pnnr, ma non sono solo quelli che stanno arrivando sul territorio. Ci sono anche altre importanti risorse per le grandi opere che, paradossalmente, per noi sono più facili da monitorare. Si controllano i cantieri, l'accesso, gli operai, i mezzi. Esiste un'attività preventiva mastodontica. E c'è un tavolo in prefettura con il Gruppo Operativo Interforze Antimafia. Al contrario, potrebbero creare maggiori criticità gli appalti che potremmo definire minori, sempre previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che interessano i Comuni. E ciò non perché ci siano infiltrazioni, ma perché i meccanismi della spesa, le difficoltà della struttura burocratica, rendono più vulnerabile la gestione dell'appalto. Alcune realtà non hanno Uffici Tecnici che possono reggere. Per un piccolissimo Comune anche gestire 500mila euro sono tantissimi».
Si parla spesso della camorra napoletana. Si rischia di sottovalutare la presenza radicata anche in Irpinia dei clan? Quanto sono forti i clan locali?
«Ci sono state operazioni importanti che la Dda ha portato avanti sul territorio. E sono in corso i processi, che fanno seguito a indagini condotte dai colleghi dell'Arma. La relazione della Dia fotografa la situazione. Ho la sufficiente convinzione che la realtà attuale è profondamente diversa da quella di alcuni anni fa. I clan, soprattutto quelli radicati in alcune zone, hanno ricevuto dei colpi importanti. Molti dei soggetti apicali sono ristretti al 41bis. Ma ciò non significa che gli interessi della criminalità organizzata siano spariti. Le organizzazioni cercano di insinuarsi nei gangli del sistema economico produttivo. Il vero pericolo è questo. Ecco perché puntiamo sulla prevenzione. Bisogna cercare di capire il nuovo che avanza. E non perché il vecchio sia scomparso del tutto. Comunque, è stato depotenziato. Gli stessi soggetti non hanno più quella caratura. Sono cambiate le forme, sono più pervasive. Entrare nei meccanismi dell'economia pulita è un fenomeno che può essere devastante».
La ricorrenza di quest'anno cade proprio a ridosso di un brutto fatto di cronaca: il pestaggio di un giovane rumeno ad opera di altri tre giovani nella zona della movida. Come mai i giovani sembrano sempre più violenti?
«Da quando è terminata la fase della pandemia il tema della movida è rispuntato con forza. Non bisogna mai sottovalutare questo problema o al contrario enfatizzarlo. Quanto accaduto l'altro giorno è un fatto grave, ma non assocerei Avellino ad altre realtà più colpite. Dobbiamo lavorare con tutte le componenti della sicurezza, con tutte le agenzie educative perché alla base c'è un difetto fondamentale di etica e mancanza di rispetto degli altri. Statisticamente abbiamo avuto altri episodi simili, in via De Concilij e Tuoro Cappuccini. Infatti, in estate, d'intesa con il Comune, abbiamo organizzato servizi di controllo massicci proprio per creare un equilibrio tra le esigenze dei residenti e quella dei ragazzi di potersi divertire nel rispetto degli altri».
In Irpinia c'è ormai da tempo il fenomeno dei roghi d'auto. Come mai tanti episodi pongono la provincia nella top ten per questi fenomeni?
«Non c'è una matrice unica. Le motivazioni sono diverse. Possono essere determinati da dissidi e rotture di rapporti che sono frequentissimi, collegati ai codici rosso, maltrattamenti o stalking. Alla base si registrano anche la lite di vicinato, lo spaccio di droga al quale non è seguito il pagamento di quanto dovuto. È una questione seria, perché un incendio si sa quando parte ma non si sa cosa può coinvolgere. Può fare danni enormi e mettere in pericolo le persone. Anche in questo bisogna aumentare gli sforzi».
Appare inarrestabile il fenomeno dei furti nelle abitazioni. Come si può intervenire per mitigare il problema?
«Due considerazioni: c'è un conflitto permanente tra i dati e la percezione. I furti sono dimezzati. I servizi sono stati e sono massicci. Molti furti sono commessi da batterie di soggetti che provengono dal Casertano, Napoletano e Foggiano. Arrivano in Irpinia con più macchine e più persone. Fanno razzie che non sono preordinate e lo fanno tutti i giorni. Colpiscono in serie e il quartiere preso di mira si sente bersagliato. C'è un particolare che qui in Irpinia riscontriamo: una carenza di sistemi difensivi».
Quest'anno si parte con le celebrazioni dell'Abbazia di Montevergine costruita esattamente 900 anni fa. Si prevede un forte afflusso di pellegrini e, probabilmente, ci sarà nel corso dell'anno anche la visita del Pontefice Francesco I. Come ci si sta organizzando?
«È un evento eccezionale. Ogni iniziativa verrà studiata nello specifico e in base alla personalità ospite del fittissimo calendario. Comunque, su Montevergine c'è un'esperienza collaudata. Non escludiamo il supporto di reparti specializzati».
C'è una vicenda o un periodo che l'ha segnata particolarmente da quando guida la Questura di Avellino? «Sicuramente la pandemia. Ricordo quella domenica di marzo in cui fu dichiarata la zona rossa ad Ariano Irpino. Mi trovavo nel mio ufficio quando fui raggiunto dalla telefonata che mi allertava del provvedimento. Nel giro di due ore abbiamo dovuto istituire posti di blocco su 170 chilometri quadrati. Superlativa l'azione del personale, che lavorò senza tutele. Questo territorio ha risposto bene. Non abbiamo avuto rivolte. Eppure le persone hanno sofferto tantissimo. Questa esperienza mi ha arricchito sia sotto il profilo professionale, sia umano».
In generale, quale il suo bilancio dell'attività in Irpinia, terra che sta per lasciare?
«Fare il Questore ad Avellino è un'esperienza unica.

Ho avuto la collaborazione totale dei miei uomini, dei funzionari e anche il territorio è stato collaborativo. Non abbiamo avuto situazioni di contrasto, anzi molta comprensione. Desidero ringraziare tutta l'Irpinia, le istituzioni, i colleghi delle altre forze di polizia. C'è stata un'intesa piena e abbiamo lavorato con serenità».

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