Clan Partenio-aste, filone unico:
perquisita una dipendente di banca

Clan Partenio-aste, filone unico: perquisita una dipendente di banca
di Alessandra Montalbetti
Martedì 19 Novembre 2019, 10:16 - Ultimo agg. 10:22
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Nuovo Clan Partenio: perquisita anche l'abitazione di una dipendente di banca. I militari del nucleo investigativo hanno, nella giornata di ieri, eseguito un'ulteriore perquisizione domiciliare, dopo quelle effettuate la scorsa settimana ai custodi giudiziari, al fine di rintracciare altre prove nell'ambito dell'inchiesta sul nuovo Clan Partenio, filone aste.

Il nome della dipendente di banca, alla quale sarebbe contestata la sua partecipazione ad un'asta immobiliare, sarebbe venuto fuori nel corso degli interrogatori fiume che i militari hanno eseguito nei giorni scorsi.
Alcuni degli esecutati, difatti, hanno raccontato alcuni particolari importanti relativamente ad un'asta truccata e al ruolo svolto dalla dipendente dell'istituto di credito facendo accendere i fari su di lui. Dunque il filone relativo alle aste truccate è destinato ad allargarsi ulteriormente così come dimostra l'attività costante degli inquirenti che, senza soluzione stanno indagando per far luce sul rodato meccanismo. Intanto sono stati riuniti in un unico procedimento le due inchieste condotte dai pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia di Napoli.
I due filoni investigativi sul Nuovo Clan Partenio (usura, estorsione ed aste giudiziarie) che sino ad oggi erano due costituiti da due procedimenti distinti sono confluiti in un fascicolo processuale.

L'ordinanza con l'emissione delle 23 misure cautelari (18 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) e il decreto di perquisizione e sequestro per 16 indagati a piede libero riporteranno lo stesso numero di registro. Il tutto, evidentemente, per rendere più celeri i successivi passaggi giudiziari nei confronti delle persone coinvolte.
La riunione dei filoni d'inchiesta uno inerente la vicenda delle aste truccate (16 indagati a piede libero accusati di turbata libertà degli incanti, associazione a delinquere di stampo mafioso) e l'altro relativo all'associazione a delinquere finalizzata al compimento di diversi episodi di usura ed estorsioni, è stata dettata da motivi di connessione. Intanto, sempre ieri, i pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia hanno notificato l'avviso di conclusione indagini a Damiano Genovese - ex consigliere comunale e figlio di Amedeo il boss dell'omonimo clan condannato all'ergastolo per due omicidi avvenuti in Irpinia - detenuto agli arresti domiciliari, per detenzione illegale di arma e delle relative munizioni.

L'indagato, finito anche al centro dell'inchiesta sul Nuovo Clan Partenio nel filone delle aste, potrà chiedere di essere ascoltato entro venti giorni dal ricevimento dell'atto inerente la chiusura indagini oppure presentare memorie difensive. Mentre i pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia potrebbero chiedere al gip il rinvio a giudizio dopo che all'ex consigliere comunale, in forza alla Lega, è stata contestata anche l'aggravante del metodo mafioso.

Una contestazione relativa proprio al possesso e alla ricettazione della pistola automatica, una calibro 7,65. L'arma sarebbe stata risultata rubata ad Avellino nel 2015. L'arma fu rinvenuta dai carabinieri del comando provinciale, nel corso di una perquisizione domiciliare. Il revolver era stata celato in un armadio, dall'ex consigliere comunale, posizionato nell'abitazione di Genovese, in contrada Sant'Eustachio, dopo l'atto intimidatorio subito la notte del 23 settembre, quando alcune persone in sella ad un Tmax così come ricostruito dagli uomini del nucleo investigativo - esplosero raffiche di kalashnikov contro la sua auto e quella di suo zio Antonio (indagato a piede libero ed accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso), parcheggiate dinanzi alla sua abitazione.
Nell'immediatezza dei fatti una pattuglia dei carabinieri si recò sul posto e dopo aver notato i fori dei proiettili nelle vetture di Genovese - in seguito ad una soffiata - effettuò una perquisizione domiciliare. Fu lo stesso indagato a consegnare l'arma ai militari intervenuti.
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