«Il commercio di queste mozzarelle è camorra», si sente dire in un'intercettazione ambientale.
Gli uomini del clan agivano utilizzando persone del posto, conosciute da coloro che erano individuati come obbiettivi. Nella vicenda della vendita delle mozzarelle «della camorra» agli esercizi commerciali, Salvatore Sepe utilizza sia Roberto Santulli che Angelo Grasso come tramite.Santulli è conosciuto al ristorante Quagliarella, Grasso al ristorante o' Pagliarone: entrambi sono - nelle parole delle vittime - esponenti vicini ai Sangermano.
Al Quagliarella di Monteforte gli uomini del clan portarono 30 chili di mozzarella, un «acquisto di prova», prodotto che arrivava dal caseificio San Giacomo.
Scrive il gip: «Non si tratta di una semplice estorsione ma di un contegno avente non solo valenza estorsiva ma che evocava la presenza anche in forma implicita e larvata del clan».
A fare da intermediario con il genero di Costantino Giordano è invece Angelo Grasso accusato dalla Dia di associazione a delinquere di stampo camorristico e rapina in relazione ad un altro episodio riportato nell'ordinanza. Spiega ai carabinieri nel 2017, Angelo Nazzaro, genero di Giordano: «Non mi sentii di portare quelle mozzarelle al locale di mio suocero perché sapevo che dietro la fornitura di mozzarelle vi erano soggetti appartenenti alla criminalità organizzata».
Santulli e Grasso sono soggetti pregiudicati del Vallo di Lauro, il primo quando Canonico oppone resistenza alla proposta entra in gioco , e il ristoratore «si vedeva costretto ad accettare la mozzarella propostagli nonostante la scarsa qualità del prodotto». Ai carabinieri disse Canonico; «Avevo ordinato 30 chili di mozzarella e fui costretto a disfarmene visto che faceva proprio schifo. A quel punto avendo sospettato che Salvatore era un delinquente e appartenesse a qualche clan della criminalità organizzata, in considerazione che il Santulli nell'ultimo periodo non sesse marciando sulla retta strada, lo definisco uno scumbinato, decidevo di interrompere nell'immediatezza i rapporti pagandogli il dovuto e questo anche per non averci più a che fare». In un'intercettazione Santulli dice agli emissari del caseificio: «Quagliarella tra oggi e domani avrebbe chiamato, gli ho detto che dovevano farti lavorare poiché eri un mio amico».