Raid choc nel Vallo di Lauro:
così depredarono la villa di Cava

Raid choc nel Vallo di Lauro: così depredarono la villa di Cava
di Alessandra Montalbetti
Giovedì 4 Aprile 2019, 11:44
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«Dopo aver portato via tutto, mobilio, suppellettili di valore, infissi, porte, perfino le prese elettriche abbiamo trovato all'interno di varie stanze cumuli di pneumatici e porte vecchie. Bastava un mozzicone di sigarette per far andare tutto in fiamme. Interpretai quella presenza di legno e pneumatici come un avvertimento». La ricostruzione del danneggiamento della villa bunker di Pago del Vallo di Lauro - dapprima sequestrata e poi confiscata al clan Cava fatta in aula dall'amministratore giudiziario, l'avvocato Valerio Di Stasio.

 

È il racconto che si dipana davanti al tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduto dal giudice Roberto Melone, a latere Francesca Spella e Antonio Feleppa,

«Alla vista di quel materiale facilmente infiammabile e disseminato in vari punti della casa, mi allarmai e chiesi immediatamente alla polizia di far provvedere alla rimozione di quelle cataste di rifiuti per evitare incendi», dice Di Stasio.

L'amministratore, proseguendo nel suo racconto, ha chiarito anche: «Tutto ciò che non era trasportabile fu distrutto». Infatti nel raccontare come era stata depredata la villa - con l'asportazione persino dei sanitari e quant'altro - l'Amministratore si è soffermato anche nell'evidenziare il danneggiamento di tutto ciò che non era stato possibile asportare: «Furono frantumati pavimenti, i marmi, le ringhiere delle scale e persino l'ascensore interno».
In quella villa, composta da venti vani, fu anche rinvenuta una scritta dagli inquirenti una decina di giorni dopo il sequestro dell'immobile: «Finalmente siete andati via, bastardi».

Gli inquirenti successivamente interpretarono quella frase lasciata su una parete della villa come un tentativo di un depistaggio delle indagini al fine di non far individuare i veri responsabili del danneggiamento della villa bunker sequestrata e successivamente confiscata dallo Stato.
Inoltre l'amministratore De Stasio, nella sua lunga deposizione, ha elencato i numerosi beni sequestrati: oltre 200, tra cui conti correnti bancari e beni immobili, oltre alla leggendaria villa bunker di Pago del Vallo di Lauro e della quale sono state mostrate in aula anche le fotografie scattate proprio dall'amministratore durante il sequestro.
Per quel danneggiamento sono finiti a processo sette persone, tutti appartenenti, secondo la pubblica accusa, al Clan Cava di Quindici.

Il Gup del Tribunale di Napoli, nel maggio del 2016, accolse la richiesta formulata nel corso dell'udienza preliminare dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Francesco Soviero, disponendo il rinvio a giudizio per tutti gli imputati accusati a vario titolo di numerosi reati posti in essere per agevolare le attività della associazione camorristica Cava, operante in provincia di Avellino.

In particolare i 7 imputati Felicia Cava, Rosalba Fusco, Florio e Alfonso Galeotalanza, Michele Nappi, Antonio Del Genio e Maria Maddalena Franzese, difesi dagli avvocati Raffaele Bizzarro e Rolando Iorio, la pubblica accusa gli contesta di aver danneggiato e distrutto l'immobile sito di Pago del Vallo di Lauro al civico 13 di via Nazionale, la cosiddetta Villa bunker, sottoposta a sequestro preventivo e poi a confisca. Un'azione che è consistita nell'asportazione anche di tutti gli arredamenti contenuti all'interno. A tutti viene anche contestata l'aggravante, il 416 bis, ovvero l'associazione mafiosa. La prossima udienza è stata fissata al 12 settembre, giorno in cui saranno sentiti i primi testi citati dalla difesa.
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