Covid ad Avellino, bufera sull'ospedale:
due casi nel pronto soccorso del Moscati

Covid ad Avellino, bufera sull'ospedale: due casi nel pronto soccorso del Moscati
di Antonello Plati
Martedì 7 Luglio 2020, 10:35
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Emergenza nell'emergenza all'Azienda ospedaliera Moscati. Mentre lo spettro del coronavirus aleggia di nuovo sull'Irpinia con 12 casi in tre giorni (solo due i ricoverati, gli altri sono in isolamento fiduciario), la direzione strategica di Contrada Amoretta appare del tutto impreparata: a rischio la salute del personale sanitario dei due plessi che gestisce (Avellino e Solofra) e degli utenti che vi transitano.

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Infatti, dopo il passaggio in Pronto soccorso di due casi Covid-19 confermati, uno sabato e l'altro domenica, che hanno sostato per ore nelle sale mediche (uno dei due vi ha passato l'intera notte), gli ambienti non sono stati sanificati così come previsto da una circolare del ministero della Salute. E ribadito dal protocollo d'intesa siglato a Roma tra le parti sociali - Cgil, Cisl e Uil - e il governo nazionale. Dove si legge: «C'è l'esigenza di procedere, laddove si verifichi un caso di positività al Covid-19 di un dipendente o di eventuale cittadino-utente che ha avuto recente accesso agli spazi, alla chiusura della stessa per almeno 24 ore ai fini dello svolgimento delle operazioni di pulizia e sanificazione dei locali interessati secondo quanto previsto dalla circolare 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute nonché alla loro ventilazione e all'adozione di tutte le misure previste in caso di esposizione al contagio». Al Moscati nulla di tutto questo. Perché? Fino a questo momento, non c'è stata nessuna spiegazione da parte del management dell'Azienda. Intanto, gli operatori del reparto di Emergenza, diretto da Antonino Maffei, sono in subbuglio e temono l'esplosione di un contagio a catena. E ne hanno motivo. Il primo dei due casi, un uomo di 69 anni venezuelano ma residente a Santa Lucia di Serino, è arrivato sabato attorno alle 13 in Pronto soccorso già con Covid conclamato, essendo stato sottoposto a tampone domiciliare su indicazione del suo medico di base: è stato immediatamente intubato a causa di un grave insufficienza respiratoria. Da quel momento, il direttore sanitario Rosario Lanzetta, in accordo con il direttore medico di presidio Vincenzo Castaldo, ha tentato in tutti i modi, ma invano, di trasferire il contagiato a Napoli (contatti sia l'Ospedale del Mare sia il Cotugno) in quanto, altra falla nel sistema, i reparti della città ospedaliera sono sprovvisti di percorsi protetti per il transito degli infetti. Nell'attesa, l'uomo ha passato un'intera notte in una sala medica comune senza pressione negativa (un'altra prescrizione ministeriale, quest'ultima, che non è stata rispettata). Poi, il trasferimento in Anestesia e Rianimazione. Quindi, la decisione tardiva, arrivata domenica notte, di riaprire il Covid Hospital (allestito nella palazzina adibita, fino a marzo, all'attività libero-professionale e chiuso dal 29 maggio dopo le dimissioni dell'ultimo assistito).
 

 

Domenica, l'altro caso: un uomo di 71 anni di San Michele di Serino è arrivato nel primo pomeriggio in pronto soccorso in stato di agitazione psicomotoria. Come prassi è stato sottoposto al tampone, ma senza aspettare il risultato è stato trasportato con un'ambulanza del 118 al plesso Landolfi di Solofra per una consulenza psichiatrica. Tornato ad Avellino, l'esito positivo del tampone. Altre ore in pronto soccorso, infine il ricovero in Malattie infettive. Come detto, nessuna sanificazione degli ambienti, né ad Avellino né a Solofra (dove l'Unità di Psichiatria è però di competenza dell'Asl) è stata disposta nonostante la richiesta scritta inoltrata dal coordinatore del Pronto soccorso. «A cosa sono serviti i costanti appelli fatti in merito alla sicurezza sui luoghi di lavoro se, ancora una volta, prevalgono gli ingiustificabili scenari del Pronto soccorso di Avellino e di Solofra», dice Antonio Santacroce, segretario generale della Cisl Fp Irpinia-Sannio che per primo e in più occasioni ha sollecitato l'applicazione del protocollo d'intesa. «Non sta a noi giudicare», aggiunge. «Solo un autorevole intervento suggerisce può circoscrivere la problematica ed evitare drammatiche conseguenze che abbiamo già subito in un recente passato sulla nostra pelle.
Speravamo - conclude Santacroce - di essere a un passo dalla normalità ma a quanto pare occorre tenere ancora molto alta la guardia».

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