La relazione della Dia: «Colletti
bianchi complici dei clan irpini»

La relazione della Dia: «Colletti bianchi complici dei clan irpini»
di Alessandra Montalbetti
Sabato 18 Luglio 2020, 08:12
4 Minuti di Lettura

Sodalizi criminali in Irpinia sotto la lente della Dia: «Per la loro crescita e affermazione nel territorio, un apporto significativo è venuto dai rapporti con esponenti delle pubbliche amministrazioni». E non solo, nel filone investigativo sulle aste truccate ad Avellino si individuano compicità di colletti bianchi, «il cui contributo si è rivelato essenziale per la riuscita delle operazioni illecite».

LEGGI ANCHE Travolge un pedone nel Napoletano e scappa senza prestare soccorso: giovane in ospedale

Questo i dati allarmanti evidenziati dalla relazione semestrale redatta dalla Direzione investigativa antimafia. Circostanze corroborate dalle indagini e emerse con forza anche nell'ultima inchiesta, condotta dalla direzione distrettuale antimafia, sul clan Partenio 2.0, nella quale le intercettazioni hanno messo in evidenza la volontà da parte di Damiano Genovese (figlio del boss storico del sodalizio criminale Amedeo), agli arresti domiciliari per detenzione illecita di armi e indagato a piede libero nel filone delle aste giudiziarie truccate, di volere ricoprire una casella (poi ottenuta nel 2018) all'interno del consiglio comunale di Avellino. «Ho vinto stiamo al Comune» asserisce Damiano. «Ma con i cinque stelle» chiede il padre detenuto, condannato all'ergastolo. «No io sto con la Lega ora ci serviamo noi per fare la maggioranza » . Questi alcuni passaggi della lunga conversazione tra padre e figlio, finita all'attenzione dei magistrati della direzione distrettuale antimafia. Agli atti figura anche un'altra intercettazione, datata 29 giugno 2018, in cui Damiano Genovese e Sabino Morano (ex coordinatore provinciale della Lega, indagato a piede libero nel filone delle aste giudiziarie) sempre secondo la Dda, entrano nei dettagli delle dinamiche camorristiche del clan Genovese e della situazione politico-amministrativa ad Avellino.


Morano ha sempre respinto le accuse sostenendo di essere in grado di spiegare tutto e di poter dare la sua versione dei fatti agli inquirenti. Questo è ad oggi un altro passaggio saliente della relazione stilata dalla Dia che ha messo in evidenza - come sostenuto dagli inquirenti - lo scambio elettorale politico-mafioso ipotizzato dalla Dda. Le indagini hanno confermato che la detenzione dei vertici dei gruppi storici non ha determinato il loro scompaginamento. Piuttosto, «avrebbero preso spazio altre figure, già inserite in quei clan, il cui modus operandi riflette l'immagine di una camorra moderna, mimetizzata, silenziosa, che sembra prediligere un basso profilo, orientandosi nelle attività imprenditoriali e finanziarie, nelle infiltrazioni degli enti locali e degli appalti pubblici».
Al vertice del Nuovo clan Partenio, come illustrato anche nella relazione, figurano due fratelli, Pasquale e Nicola Galdieri (detenuti, Pasquale sottoposto al regime del carcere duro) già elementi di spicco della famiglia Genovese, intorno ai quali si sono aggregati pregiudicati della zona di Mercogliano e alcuni ex affiliati al clan Cava di Quindici. Il clan controlla - stando alla relazione - un'ampia parte del territorio avellinese, tramite fedeli capi zona, aree in cui è stata accertata un'intensa attività estorsiva e usuraria. Sono state indagate anche altre persone, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, finalizzata, tra l'altro, al condizionamento di aste immobiliari. Gli indagati si sarebbero infiltrati in alcune aste immobiliari, «tramite prestanome e società di comodo - scrive la Dia - avvalendosi della complicità di professionisti, ma anche impiegati di banca e consulenti finanziari, il cui contributo si è rivelato essenziale per la riuscita delle operazioni illecite».
Ma in Irpinia e segnatamente nei comuni di Cervinara, Paolisi e Rotondi, secondo la relazione è ancora attivo il clan Pagnozzi- il cui reggente, Domenico, attualmente è detenuto in regime di carcere duro - che ha una struttura criminale articolata in gruppi federati, che estende la propria influenza anche su parte del territorio delle province di Benevento e Caserta, con rilevanti interessi anche nella Capitale, legato al cartello dei Casalesi e ai gruppi dell'area marcianisana. Infine, il Vallo Lauro, dove la Direzione Antimafia evidenza la coesistenza tuttora confermata dei clan Cava e Graziano. Il tutto con il rischio di una nuova faida, viste anche le recenti scarcerazioni di alcuni esponenti dei due gruppi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA