Morto Enrico Fierro, giornalista e scrittore: fu inviato «L'Unità»

Morto Enrico Fierro, giornalista e scrittore: fu inviato «L'Unità»
di Gigi Di Fiore
Lunedì 8 Novembre 2021, 17:05 - Ultimo agg. 20:27
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È morto oggi a Roma, dopo una breve malattia, il giornalista e scrittore Enrico Fierro. A comunicarlo è la famiglia. Fierro aveva 69 anni. Dopo la stagione dell'impegno politico militante nel Pci, l'arrivo al quotidiano l'Unità, dove diventa inviato speciale. Poi una lunga esperienza al Fatto Quotidiano. E, un anno fa, il passaggio al Domani. Autore di libri e documentari per la televisione, ha raccontato guerre e attentati brigatisti, congressi di partito e terremoti. Guardando sempre con attenzione al Meridione e ai suoi problemi.

Senza Enrico Fierro la mia generazione resta ancora più orfana di colleghi e amici, con cui si sono condivise tante esperienze e racconti dopo lunghe giornate trascorse a raccogliere notizie.

A 70 anni da compiere tra 16 giorni, per un male impietoso che lo aveva costretto in ospedale, Enrico ci ha lasciati.

Era un puro, un uomo dalle idee ferme e i principi saldi. Quei principi che gli avevano fatto sposare senza tentennamenti subito la causa di Mimmo Lucano, su cui aveva pronto un libro e tanti ricordi da trasmettere.

Ci conoscemmo quando, insieme, ci trovammo a scrivere delle elezioni comunali a Quindici, paese nelle mani della dinastia camorristica dei Graziano contrapposti ai Cava. Era inverno, con la neve. Lui corrispondente per l'Unità dall'Irpinia, io inviato di fatto dal Mattino in quella vicenda, su decisione di Gianni Campili responsabile del settore Interni. Era il 1988. Riuscimmo a farci ricevere a casa del neoeletto Graziano. Lui, chiaro e diretto nei giudizi e nello scritto, sussurrava battute sull'arredamento kitsch di quella villetta.

Poi, da Avellino, la sua carriera ha fatto il salto da inviato speciale all'Unità, con annesso trasferimento a Roma. E ci siamo ritrovati in giro a seguire molti servizi per i rispettivi giornali: a Catania per la morte dell'ispettore Raciti; a Pescara per l'arresto di Ottaviano del Turco. E tanti altri. Lui sempre preciso, agendina da riempire, curiosità da soddisfare. Serate a discutere di giornalismo, di crisi delle testate, di problemi personali. Come una sera al ristorante sul lungomare di Pescara dinanzi a una frittura di pesce, a commentare l'inchiesta su Del Turco e a programmare come muoverci il giorno successivo.

No, non prese bene il prepensionamento all'Unità, aveva qualche osservazione da fare su uno dei suoi ultimi direttori, ma proseguì diritto perché un professionista come lui non poteva certo fermarsi. Iniziò a collaborare con il Fatto quotidiano, scrivendo di mafie e di malaffare. Poi, un anno fa, il passaggio al Domani quotidiano.

Autore di saggi approfonditi sulla 'ndrangheta, con Ruben Oliva anche di un libro e Dvd sulla Santa, pubblicato da Rizzoli. Una bellissima inchiesta scritta e in video sull'evoluzione 'ndranghetista legata alla massoneria. In Calabria andava spesso per lavoro, era un conoscitore di luoghi, magistrati, realtà criminali. Un buono, perchè di carattere mite nonostante fosse un combattivo. Orgoglioso dei figli.

L'ultima battaglia l'ha persa e non è riuscito a stare vicino al suo amico Mimmo Lucano condannato il mese scorso in tribunale. Enrico era già alle prese con la sua lotta più dura. Non ce l'ha fatta lui, parte di una generazione di giornalisti che ha lavorato sul campo, sui fatti, conoscendo le realtà, percorrendo chilometri. Addio Enrico, amico mio.

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