Faby: «Sei morta urlando il mio nome»

L'amica della ragazza fulminata racconta la sua testimonianza in chiesa

I funerali di Maria Antonietta Cutillo
I funerali di Maria Antonietta Cutillo
di Barbara Ciarcia
Sabato 6 Maggio 2023, 09:00
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«Sei andata via urlando il mio nome. Dai ai tuoi genitori la forza di andare avanti», ha scandito Fabiana in chiesa ieri al funerale a Montefalcione di Maria Antonietta. Faby, l'amica del cuore, parla singhiozzando e facendo sciogliere ancora una volta tutti in un pianto corale. Lei ha assistito alla terribile scena della morte. E rivolgendosi all'amica, davanti agli insegnanti e ai compagni di classe: «Amore mio, hai capito chi sono? Sono Fabiana. Sono distrutta, siamo tutti distrutti in questo giorno brutto. Eri tutto per noi». E poi rievoca i momenti spensierati condivisi come i segreti tra adolescenti e la mamma di Fabiana che prepara per Mariantonietta il ciambellone alle mandorle. «Lo amavi tanto, è vero? - esclama ancora Fabiana mentre prova a tirare via le lacrime - Non realizzo che sei morta urlando il mio nome. L'ultima chiamata insieme. E i tuoi occhi verdi, la tua risata. Ora sono sola, sono senza di te. Nessuno colmerà il dolore che vivo».

Parole pesanti come macigni.

La voce della ragazzina che ha assistito in diretta alla morte dell'amica coetanea riecheggia tra le navate e spezza il fiato a chiunque. «Angioletto mio, vivrò sempre con questo dolore- prosegue ancora Fabiana -. A voi genitori dico: siete la mia seconda famiglia. Farò il possibile per voi. Vola più in alto che puoi Maria Antonietta».

Un sole cocente illumina il sagrato del santuario di Sant'Antonio a Montefalcione. Dentro e fuori il tempio c'è una fiumana umana ad attendere l'arrivo del feretro bianco di Mariantonietta Cutillo.
Papà Giuseppe e mamma Rosa avrebbero voluto varcare quella soglia per portare all'altare la loro unica figlia vestita da sposa non certo in una bara di legno chiaro. Don Paolo Luciano, il parroco del borgo a lutto per la tragica morte della studentessa sedicenne avvenuta tragicamente la sera del 2 maggio nell'abitazione di via Stazione, ha gli occhi lucidi e la voce graffiata dalla commozione. Trovare le parole cristiane per consolare due genitori annientati da un dolore disumano, il peggiore che ci sia, quello per la perdita di un figlio, non è stato facile neppure per lui uomo di fede.

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«Sarà difficile abituarsi a un banco vuoto, a un sorriso che si è spento- ha proferito dall'altare don Paolo-. La presenza oggi di tanti giovani è la prova dell'importanza di riconoscersi nell'altro, di essere d'aiuto l'uno per l'altro». Rivolto poi a Giuseppe e a Rosa: «Potete contare su di noi, sempre. Vi saremo vicini». È la cerimonia religiosa più straziante che si ricordi a Montefalcione. Piange l'assemblea riunita in chiesa e quella assiepata all'esterno. C'è il sindaco, Angelo D'Agostino, che ha proclamato il lutto cittadino. Ci sono gli insegnanti, la dirigente scolastica, Maria Teresa Cipriano, e i compagni di classe di Mariantonietta, quelli della II F dell'Istituto Alberghiero Manlio Rossi Doria di Avellino, la scuola che la sedicenne frequentava con profitto. Sognava di diventare una chef stellata la figlia del macellaio di Manocalzati, annichilito da un destino infame.
Aveva desiderato a lungo quella figlia insieme a Rosa la donna che lo ha reso padre dopo anni di speranze vanificate.

Poi è nata Mariantonietta, l'amore unico e assoluto di quei genitori che vivevano per lei per non farle mancare nulla. Un amore ricambiato. Mariantonietta non esitava ad aiutarli nell'accorsata macelleria di famiglia quando era libera dagli impegni scolastici.
Infilava il camice la cuffia e i guanti e via dietro al banco a servire la clientela sempre col sorriso a illuminare quel volto angelico di ragazzina che si appresta a diventare donna.
E in cielo volano i palloncini bianchi mentre il feretro scivola tra due ali di folla e tra gli applausi e le lacrime di una comunità piegata nuovamente da una disgrazia, dalla dipartita drammatica di una giovane vita. E' già successo nel recente passato, eppure non ci si abitua mai a piangere un fiore reciso troppo presto. Davanti al santuario antoniano di Montefalcione la folla in lacrime è stretta come a darsi coraggio e a dare soprattutto coraggio e conforto a Giuseppe e Rosa, due genitori piegati dal dolore senza più lacrime e senza più forze.
 

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