Fallimento Alto Calore, amministratori
al vaglio degli inquirenti

Fallimento Alto Calore, amministratori al vaglio degli inquirenti
di Gianni Colucci
Mercoledì 15 Settembre 2021, 09:28
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Troppe anomalie nella gestione. Ad esempio nella riscossione. Il solo fatto di inviare insieme alle richieste di pagamento ai morosi con regolare bolletta uno schema prestampato per presentare ricorso e opposizione, appariva ai finanzieri del comando provinciale di Avellino un'anomalia.
Come un'anomalia appariva il fatto che i comuni, creditori di decine di milioni di oneri per la depurazione a loro destinati (e riscossi in bolletta dall'Alto Calore) non avessero azionato le procedure di fallimento.
Il timore dei sindaci di non vedersi ristorata la parte degli oneri per la fogna e la depurazione era davvero l'unico modo per tutelare i propri cittadini? Non ha convinto gli investigatori nemmeno la pretesa azione di compensazione da parte dell'Alto Calore. Cosa accadeva? Ai comuni che invocavano la restituzione degli oneri per la depurazione a fine anno veniva presentata di volta in volta la parcella per lavori di manutenzione della rete idrica scomputati del debito. La sfilata di amministratori irpini e sanniti che si sta svolgendo in procura serve ad approfondire questi aspetti.
Così l'inchiesta sulle «presunte false comunicazioni sociali nei bilanci dell'Alto Calore e in quelle dirette ai soci e al pubblico», oltre che «sull'abuso in atti d'ufficio connesso alle funzioni svolte», partita dopo l'esposto dell'ex sindaco di Avellino Vincenzo Ciampi «a tutela dei cittadini», ha preso anche la strada della richiesta di fallimento.

Lo schema d'attacco era stato già provato alla fine dell'anno scorso in Procura a Santa Maria Capua Vetere. Il procuratore Airoma aveva chiesto il fallimento del Ctp, il consorzio trasporti provinciale. Una massa debitoria di 63 milioni in quel caso. Si tratta di un'intuizione di Airoma, pienamente accolta dal sostituto Vincenzo Russo. Chiedere il fallimento di un'azienda pubblica è consentito da pochi anni dal nuovo Testo unico delle società partecipate di Stato e Enti locali. Previste procedure innovative, partendo dall'assunto che, in caso di mala gestio in ambito pubblico, non debba essere lo Stato a ripianare i debiti. La richiesta di Airoma per il Ctp non è stata accettata e l'azienda che opera in provincia di Napoli è finita in concordato preventivo. Ma questa è stata tutt'altro che una sconfitta di Airoma. Il tribunale di Napoli ha nominato due commissari giudiziali. In sostanza un'operazione verità in ogni caso.
Airoma spara alto su Alto Calore, ma anche se si arrivasse al concordato, l'azienda dovrebbe fare report sulle operazioni aziendali rilevanti, sulla situazione patrimoniale con conto economico infrannuale ogni trenta giorni.

La società sarebbe obbligata a inviare l'elenco dei creditori, oltre a relazioni sulla predisposizione del piano di salvataggio.

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Esattamente le contestazioni che Russo fa all'amministrazione Alto Calore: assente sul piano delle comunicazioni ai soci e sulle attività di risanamento, almeno fino al 2018, data in cui si confermano gli accertamenti ordinati a Guardia di finanza e consulenti tecnici.
L'Alto Calore ha un buco di bilancio doppio rispetto all'azienda napoletana, circa 150 milioni; ha iscritto in bilancio crediti ritenuti dalla procura inesigibili per 80 milioni, e non ha dato nessun seguito ad un piano di risanamento che l'assemblea dei soci pure aveva provato nel 2018. Di qui la ricostruzione di una situazione a dir poco allarmante. Airoma parla di «una profonda crisi aziendale con risultati annui caratterizzati da un trend costantemente negativo da più di un decenni in assenza di prospettive di concreto risanamento».
 

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