Furbetti del cartellino all'Asl, anche
Arturo Iannaccone tra i 28 condannati

Furbetti del cartellino all'Asl, anche Arturo Iannaccone tra i 28 condannati
di Alessandra Montalbetti
Martedì 19 Ottobre 2021, 07:56
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Inchiesta «Badge malato», arrivano 28 condanne e 5 assoluzioni in primo grado. Condannati a 13 mesi e mezzo di reclusione Linda Volpe, ad un anno di reclusione Annarita Benevento, Rosa Anna Grimaldi, Arturo Iannaccone, Carmine Iannaccone, Gerardo Iannaccone, Carmelo Lilli, Maria Concetta Perrone, Grazia Raduazzo, Gerardo Rizzo, Ciro Tommasini. Pena di 11 mesi e mezzo per Olimpia Vozella, Riccardo Tedeschi e Immacolata Argenio, 11 mesi per Carmela D'Avanzo, 10 mesi e 15 giorni per Adele Pagliuca, Angelo Antonio Sementa e Carmelina Bavaro, 10 mesi di reclusione per Giuseppe Bruno, Mirella Colacurcio, Lidia D'Amore, Rosanna Sardone e Gaetano Alvino.

Ed ancora 9 mesi e mezzo di reclusione per Carmela Luongo, 9 mesi per Pasquale Mauro (riconosciuta l'attenuante della parziale infermità di mente) Emilio Medugno e Annamaria Piscopo, 7 mesi e 10 giorni per Teresa Poli (con riconoscimento dell'attenuante per il risarcimento del danno). Per tutti riconosciute le attenuanti generiche e i benefici della pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario. Assolti Bruno Censale per particolare tenuità del fatto, Emma Lombardi, Sonia Procida per particolare tenuità del fatto in relazione ad alcuni capi d'imputazione e per non aver commesso il fatto per altri episodi contestati, Mario De Cristofaro e Giuseppina D'Ascoli per non aver commesso il fatto. Assolti, per alcuni capi d'imputazione, sette imputati che hanno rimediato la condanna in primo grado. Tutti gli imputati riconosciuti colpevoli, a vario titolo per truffa aggravata e falso ideologico, sono stati condannati anche al risarcimento del danno all'Asl, costituita parte civile, e da liquidarsi in separata sede, nonché alle spese di costituzione di parte civile pari a circa 19mila euro. La richiesta di assoluzione per 8 imputati (Bruno Censale, Giuseppina D'Ascoli, Mario De Cristofaro, Emma Lombardi, Emilio Medugno, Annamaria Piscopo, Sonia Procida e Angelo Antonio Sementa) era già stata avanzata dal pubblico ministero Fabio Massimo Del Mauro ritenendo il fatto non punibile per la speciale tenuità. Ma il giudice monocratico del tribunale di Avellino, Pierpaolo Calabrese ha ritenuto di condannare, nonostante la richiesta assolutoria, Emilio Medugno, Angelo Antonio Sementa e Annamaria Piscopo. In aula il pubblico ministero nel corso della sua requisitoria, aveva ricostruito le varie fasi delle indagini. Nella maxi inchiesta finirono, funzionari, impiegati amministrativi e camici bianchi della struttura sanitaria di via Degli Imbimbo, tra cui anche l'assessore ai Fondi Europei del comune di Avellino, Arturo Iannaccone, che subito dopo il suo coinvolgimento nell'indagine presentò le dimissioni dagli incarichi pubblici ricoperti.

Successivamente furono aggiunti ai 21 indagati iniziali - colpiti dalla misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici - altri 13 che avrebbero timbrato il cartellino per coloro che si assentavano, facendo in modo che risultassero presenti sul luogo di lavoro, mentre erano altrove. L'inchiesta fu condotta dalla squadra Mobile della questura di Avellino, guidata dall'allora vicequestore Marcello Castello, che provvide ad installare le telecamere sul dispositivo marcatempo e all'interno della struttura sanitaria di via Degli Imbimbo.

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Dunque furono effettuate anche delle riprese, con delle telecamere nascoste, per registrare il comportamento di dirigenti, medici, infermieri, impiegati amministrativi, operatori tecnici ed ausiliari, della sede di via Degli Imbimbo. Per gli inquirenti gli imputati avrebbero arrecato un danno erariale all'azienda timbrando i cartellini marcatempo anche quando non erano a lavoro. Nell'indagine finirono anche due guardie giurate, nei confronti delle quali il pubblico ministero aveva contestato il reato di favoreggiamento. In particolare i due agenti furono accusati di aver distrutto una telecamera nascosta con un cacciavite, provocando l'interruzione dell'indagine. Per entrambe le guardie giurate, però, il procedimento era stato archiviato già in fase di indagine.
 

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