La gang di Monteforte: caccia aperta
ai complici del sequestro di persona

La gang di Monteforte: caccia aperta ai complici del sequestro di persona
di Alessandra Montalbetti
Domenica 10 Marzo 2019, 13:00
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Si va verso gli interrogatori di garanzia per la banda di Monteforte Irpino. Ma le indagini dei militari dell'Arma continuano per individuare gli altri due complici, ancora liberi. I sette indagati, raggiunti venerdì scorso dalla misura cautelare degli arresti domiciliari - accusati tutti di tentata estorsione, lesioni aggravate personali, porto abusivo d'armi - la prossima settimana compariranno dinanzi al gip Gilda Zarrella che ha firmato le misure cautelari nei loro confronti. Ai domiciliari sono finiti Gianpiero Aufiero (l'unico accusato di anche di sequestro di persona in concorso con altre due persone non ancora identificate), suo cognato Pino Barbarulo, Ferdinando Bianco, Francesco Coppola, i gemelli Alessio e Ivan Di Somma e Saverio Valente, tutti di Monteforte Irpino, dopo le tempestive ed accurate indagini condotte dai carabinieri ai quali la vittima si è rivolta.
 
Il procuratore aggiunto Vincenzo D'Onofrio aveva chiesto l'applicazione, per tutti, della misura cautelare in carcere, ma il gip - valutate tutte le circostanze del caso e tenuto conto che gli arresti domiciliari appaiono sufficienti ad evitare il pericolo di reiterazione del reato - ha optato per i domiciliari.

I sette sono accusati di aver minacciato e malmenato, in tre diversi episodi, un pakistano e la sua compagna che da pochi giorni avevano aperto una vineria nel comune di Monteforte Irpino.

Le violenze fisiche sono state perpetrate nei confronti del pakistano dapprima con delle mazze e poi con il taser, la pistola a scariche elettriche, al fine di imporre il pizzo sull'attività commerciale aperta dalla coppia di pakistani. Richiesta estorsiva alla quale le vittime si sono rifiutati nel settembre 2018.

La banda, all'indomani del diniego, ha organizzato una spedizione punitiva presso l'attività gestita dalla compagna del pakistano. Un'escalation di violenza nei confronti del pakistano divenuta in pochi giorni, inaudita, tanto da vedersi costretto a chiudere l'attività commerciale.

I sette, ad avviso della pubblica accusa, pretendevano il 20 per cento dei loro guadagni, in cambio della loro protezione. Fondamentali per il gip, anche le dichiarazioni rese da alcuni degli indagati ascoltati nell'immediatezza dei fatti che sebbene abbiano cercato di ridimensionare quanto accaduto, addossando la responsabilità sui pakistani hanno confermato dati essenziali circa l'attribuibilità dei fatti contestati e segnatamente che tutti erano presenti alla spedizione punitiva collegata alla richiesta estorsiva di Gianpiero Aufiero a cui il pakistano si era opposto.

I difensori dei sette indagati, Alberico Villani, Gaetano Aufiero, Gerardo Santamaria, Costantino Sabatino, Michele Scibelli e Loredana De Risi, sono già pronti a depositare il ricorso dinanzi al tribunale del riesame avverso le misure cautelari degli arresti domiciliari disposti dal gip.

Intanto l'avvocato Gaetano Aufiero, difensore di Pino Barbarulo, imprenditore nel settore automobilistico si dichiara «convinto dell'estraneità ai fatti del suo assistito. Il mio cliente è incensurato e non ha mai avuto problemi con la giustizia. Non vede l'ora di comparire dinanzi al gip per urlare la sua innocenza e dimostrare l'infondatezza delle accuse mosse anche nei suoi confronti. Proveremo la sua estraneità ai fatti soprattutto dall'accusa di estorsione mossa nei confronti».
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