Giannattasio, dall'Irpinia a Napoli: «Aspetto il San Carlo»

La soprano al Conservatorio per l'omaggio a Maria Callas

Carmen Giannattasio
Carmen Giannattasio
di Donatella Longobardi
Mercoledì 25 Ottobre 2023, 09:51
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L'altro giorno l'incontro con Cecilia Gasdia e la consegna del premio San Pietro a Majella, attribuito negli anni scorsi a Aldo Ciccolini, Roberto De Simone, Placido Domingo e Riccardo Muti. E venerdì il conservatorio di Napoli chiude il progetto dedicato ai cent'anni di Maria Callas con un concerto di Carmen Giannattasio (sala Scarlatti, ore 18, ingresso libero). Ad accompagnare il celebre soprano di origini irpine, l'orchestra del San Pietro a Majella diretta da Stefania Rinaldi con un programma, spiega la Giannattasio, «che naturalmente contempla pezzi legati alla carriera della Callas, ma non solo».
E dunque?
«Ho scelto di eseguire brani di Bizet e Puccini e privilegiare il verismo e non il belcanto perché in questo momento della mia carriera sto affrontando questo nuovo repertorio più adatto alla evoluzione della mia voce. Ho appena debuttato nel "Tabarro", preparo "Gioconda" per la Deutsche Oper di Berlino, poi l'anno prossimo canterò anche per la prima volta "La fanciulla del West" e finalmente "Aida", in Spagna».
 

Un bel tour de force con tante novità.
Sì, ho un bel po' da studiare... anche perché la voce è uno strumento prezioso da tutelare e in tal senso la carriera di un cantante lirico impone una serie di regole ferree, serve rigore, sia fisico che mentale, per non dire delle diete cui è necessario sottoporsi».
Insomma, tante rinunce?
«Tantissime, a volte penso siano più le rinunce che le cose positive. Però quando si va in scena e alla fine di uno spettacolo si raccoglie l'applauso del pubblico ogni sacrificio è ripagato. Si fa arte e si dona agli altri. E questo non ha prezzo».
Anche la Callas pagò un prezzo per esercitare la sua arte, le pare?
«Certo, oggi con il diffondersi dei social media siamo tutti abituati alla spettacolarizzazione, la nostra vita non ha segreti. Invece ai suoi tempi il divo manteneva quell'allure fantasioso che spingeva il pubblico a chiedere sempre di più... penso alla sua storia d'amore con Onassis, la solitudine in cui si era chiusa alla fine dei suoi giorni».
Ma la Callas come ha influenzato la sua carriera?
«Penso che nessun cantante possa dirsi immune dal suo fascino, la sua voce strega grazie a una timbrica particolare che sfugge a tutte le classificazioni. Nessuno può reggere il confronto. Lei era lei e basta. Lo sguardo, il profilo, lo stile, un mito leggendario. Quindi sopratutto quando ero più giovane cercavo di seguirla nei suoi funambolismi. Poi, però, si matura, ci si rende conto che ognuno ha le sue caratteristiche e se ne fa tesoro. Ognuno crea la propria strada e chissà, in un futuro ci sarà anche qualcuno che riuscirà a superarla».
Lei ha festeggiato i venticinque anni di carriera, ha molti contatti con i giovani cantanti, e proprio domani in conservatorio sarà in giuria con Vincenzo De Vivo per il Premio Nazionale delle Arti nella sezione riservata al canto lirico e alla musica vocale da camera.
«E sono molto felice di esserci, trovo sempre stimolante l'incontro con i giovani. E, anche se qui non ho mai studiato né mi sono mai esibita, il San Pietro a Majella fa parte integrante della mia formazione».
In che senso?
«Mi considero di scuola napoletana. Basti pensare che la mia prima insegnante di canto, Pia Ferrara, era anche una pianista allieva di Vincenzo Vitale».
Lei torna a Napoli dopo un successo personale nella «Tosca» al San Carlo con la regia di De Angelis, era nel 2020, prima della pandemia, altri impegni?
«Anche il mio pubblico, il pubblico del "mio" teatro, me lo chiede.

Ma la domanda andrebbe fatta alla direzione del San Carlo, non a me».

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