Ritorno alle origini, quelle degli avi che probabilmente hanno regalato all'Irpinia uno dei più grandi bianchi dello Stivale: il Greco. Di Tufo? D'uopo il punto di domanda, ma Ferrante di Somma, patron di Cantine di Marzo, monumento di straordinaria, intrigante bellezza per il fascino che sprigiona, questo dubbio ha provato a spiegarlo, radiografando il possibile legame tra il Greco di Tufo, uva alla base della celebre docg made in Irpinia e il comune napoletano di San Paolo Bel Sito.
E questo, grazie ad un interessante incontro conclusosi con una degustazione di due cru riserva della storica e più antica maison in Irpinia: Vigna Serrone e Vigna Laure 2020, presso la storica Villa Montesano, cui hanno partecipato il sindaco di San Paolo, Raffaele Barone col consigliere Aniello Sabatino, Vincenzo Mercurio, consulente in viticultura ed enologia e Premio Giacomo Tachis, Oscar del Vino 2022, Antonella Monaco, esperta in ampelografia, Ernesto La Matta, delegato Ais Vesuvio e Daniele Antignani di Villa Montesano.
Sfatiamo che il vitigno sia arrivato dalla Grecia, l'unico dato, consultando antichi registri, è che nel medioevo il vino Greco era il bianco, mentre il Latino era il rosso. La specifica del primo è che lo si produceva in una zona dell'Italia bizantina ove si faceva appassire l'uva sui tralci, operazione che consentiva una conservazione lunga del prodotto e quindi anche di esportarlo. Dal nolano arrivava al porto di Napoli, poi a Livorno per essere quindi spedito in tutto il Paese e da qui in Francia e fino a Costantinopoli». La nota divertente prosegue Di Somma, è che Sante Lancero sosteneva che «il miglior Greco fosse quello del Vesuvio (anche di Somma Vesuviana), mentre il peggiore, quello di Nola - insieme all'Asprino di Aversa che ha geneticamente lo stesso vitigno del Greco - quello che plausibilmente ha portato Scipione di Marzo in Irpinia.
Ma perché scadente? «Con la tecnologia medioevale, era difficile lavorarlo, in quanto occorre una totale assenza di ossigeno ed a tal proposito, Mercurio tra i migliori enologi d'Europa, ha confermato che un'uva con bucce molto carica di catechine che colora il mosto, che deve essere in assenza totale di ossigeno, allora dava un vino scuro e molto rozzo». L'ipotesi di Ferrante è che «il Greco ben si adatta a qualsiasi tipo di terreno e la formula più plausibile è che Scipione nel 600 per questo lo abbia portato con se in Irpinia. Esaminiamo, accettiamo contro ipotesi, discutiamone rimarca Di Somma - la verità viene sempre a galla, deve essere così per tutto, anche per i vini». E a proposito di vini, indiscusse piacevolezza e suadenza di tre Greco: i cru Ortale, Serrone e Laure (circa 5000 le bottiglie prodotte di ogni varietà), i cui nomi, sono un omaggio alle vigne in cui si producono (tutte a Santa Lucia, tranne Laure, allevate a San Paolo).