In Irpinia il «democristiano» Conte
nella tana della vecchia Dc

In Irpinia il «democristiano» Conte nella tana della vecchia Dc
di Gigi Di Fiore
Martedì 15 Ottobre 2019, 09:26
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 Il premier Giuseppe Conte, l'uomo della mediazione prima nel governo Lega-5 Stelle e poi in quello attuale Pd-5 Stelle, fionda nella patria di una parte consistente del fu potere democristiano. Avellino, la città della vecchia corrente di Base, dove 100 anni fa nacque Fiorentino Sullo, il più giovane tra i costituenti dell'Italia repubblicana allora 25enne. Conte ha accettato l'invito di Gianfranco Rotondi, oggi deputato di Forza Italia, in epoca giovanile rampollo dei basisti e autore di un libricino significativo: «Trenta irpini». Rotondi, che da tempo si è fatto custode della storia della Dc, è presidente della Fondazione Sullo ed è tra gli artefici della manifestazione al teatro «Carlo Gesualdo» che apre le celebrazioni sul centenario della nascita di Sullo. Il premier-docente universitario Conte ha accolto l'invito a partecipare e tiene un discorso a tema: «Sullo e il contributo dei cattolici alla Costituente».
 
C'è la storia della Dc dagli anni Cinquanta del secolo scorso, in platea ad ascoltare Conte. C'è Ciriaco De Mita, ma anche Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Ortensio Zecchino, Giuseppe Gargani, Clemente Mastella. Ci sono gli ex sindaci della Avellino democristiana, come Enzo Venezia. La corrente di Base, prima giovani collaboratori poi eredi in Irpinia di Sullo. Il premier Conte mostra di non essere per nulla in difficoltà, a parlare di Dc e della cultura politica cattolica. Anzi. Si schernisce: «Io democristiano? Mi avete descritto in ogni modo, di sinistra, grillino, ora democristiano. Ma io ho le mie idee: sono sempre le stesse. Parlo sempre di nuovo umanesimo, ma se volete definirmi democristiano siete liberi di farlo».
Di tendenze e spirito più moderato che movimentista, Conte appare a suo agio dinanzi a un uditorio di 1200 studenti, seduti subito dopo la prima fila occupata dalla parte rilevante di quella che fu la sinistra Dc. Mette le mani avanti, il premier, quando prende la parola: «Sono stato invitato qui nella mia veste di studioso, non di primo ministro». E non si scompone quando, nel suo discorso, Gerardo Bianco, presidente del Comitato per le celebrazioni su Sullo, nel richiamare «l'aria e la cultura che si respirava a Avellino nel dopoguerra sulla scia di Guido Dorso, con giovani provenienti dalla Cattolica che seguirono le politiche di impegno nelle riforme avviate da Sullo», tira una conclusione esplicita sul significato della politica, che è all'opposto delle teorizzazioni grilline: «Dietro un pensiero politico c'è sempre un riferimento ideologico, dietro chi dice che non ha alcuna ideologia c'è il vuoto della politica».
L'INVITO AI CATTOLICI
Conte non coglie l'accenno critico indiretto allo slogan grillino sull'era «post ideologica, in cui non esiste più destra o sinistra ma solo soluzioni buone o cattive». È nell'Irpinia di Sullo, De Mita, Bianco e Mancino, ma anche nella terra del suo consigliere sul Mezzogiorno, Gerardo Capozzo già sindaco di Morra, che non è estraneo all'organizzazione della visita del presidente del Consiglio. Così, nel suo discorso tra storia e analisi giuridica sulle ragioni cattoliche nella Costituente, Conte parla di «contributo decisivo della Dc alla nascita della nostra Costituzione, con originalità di pensiero». La storia non si può mistificare, specie quella istituzionale. E il premier ricorda i decisivi interventi di Amintore Fanfani sull'articolo uno della Costituzione, il contributo democristiano a una Carta estesa e di tipo rigido, con inserimenti innovativi di una serie di articoli sui diritti sociali. Dice: «Sono visioni attuali e, in quest'epoca di diseguagilanze e privilegi di pochi, torna di grande attualità la lezione del cattolicesimo democratico».
Ma il vero Conte ammiratore della tradizione e della storia democristiana si esprime nel riconoscimento della «cultura politica di ispirazione cattolica, che è una risorsa cui attingere, anche partendo da visioni diverse, in un nuovo umanesimo».
LE REAZIONI
«Un discorso da grande leader democristiano» commenta Gianfranco Rotondi. E dimostra di essere rimasto colpito dalla conclusione di Conte, che ha sintetizzato il suo discorso in un invito: «Più che una nuova Dc la politica attuale ha bisogno di una democrazia dei cristiani». Aggiungendo poi: «Oggi più che mai, i cattolici sono chiamati a fornire il loro contributo di idee». E, su questo tema, anche Giuseppe Gargani pensa al discorso di Conte come una «adesione di fatto alla storia della Dc nel riconoscimento esplicito dell'importanza di un centro politico di ispirazione cattolica». Quando il premier termina il suo discorso, il teatro è tutto in piedi. Le frasi di Conte sono state un successone. Lunghi applausi, con la prima fila scattata subito in piedi. Tra i vecchi democristiani, insieme con il governatore campano Enzo De Luca e il sindaco avellinese Gianluca Festa, c'è anche il sottosegretario grillino all'Interno, Carlo Sibilia. È tra i primi ad alzarsi in piedi per battere le mani. Anche Ciriaco De Mita ha ascoltato con attenzione. Conte ha parlato da statista Dc? Il sindaco di Nusco, che fu segretario Dc, leader della corrente di Base e presidente del Consiglio, risponde con una battuta: «Mi sembra una pretesa». E poi aggiunge: «Lui un'erede della scuola Dc? No. Quando i politici fanno le cose buone si dice che sono democristiani, è un criterio che non mi piace». Ma, dalla tana della vecchia Dc, piena di memorie e racconti non sempre rievocati, Conte se ne riparte con molte simpatie in più. Potenza del suo discorso.
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