«Una consulenza da duemila euro
alla camorra per salvare la casa»

«Una consulenza da duemila euro alla camorra per salvare la casa»
di Alessandra Montalbetti
Giovedì 28 Novembre 2019, 09:07 - Ultimo agg. 24 Marzo, 18:59
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«Non ti preoccupare la casa non si vende, stai tranquilla». Ma poi non fu così. Quelle parole furono pronunciate da un uomo che era andato a vedere una casa finita all'asta, e in precedenza assegnata dal tribunale a una donna esecutata, separata e con un figlio minore. Le disse che non avrebbe perso l'appartamento, in cambio di una «consulenza» a pagamento. Ma l'immobile finì lo stesso all'asta.

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Dal decreto di perquisizione e sequestro emesso dal gip del tribunale partenopeo nei confronti degli ultimi due indagati a piede libero (22 complessivamente gli indagati a piede libero accusati a vario di titolo di turbata libertà degli incanti, estorsione, associazione a delinquere) e coinvolti - ad avviso degli inquirenti nell'inchiesta sul Nuovo Clan Partenio - emergono ulteriori storie di disperazione, ma anche nuovi dettagli sulle condotte di alcuni degli indagati coinvolti nell'inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, pronti ad approfittare delle difficoltà economiche di persone in difficoltà. Nell'inchiesta confluiscono informazioni utili fornite da avvocati, ma anche da alcuni cancellieri in servizio presso la cancelleria civile del tribunale di Avellino, ascoltati come persone informate sui fatti.

Nella circostanza riportata l'uomo, non identificato, nel corso della visita in quell'appartamento finito all'asta, consegnò alla donna esecutata un bigliettino con un numero di telefono ed un indirizzo di Atripalda. «La visita all'appartamento di mia cognata, dove prima viveva con mio fratello - ha ricostruito un'avvocatessa imparentata con la donna avvicinata da questo soggetto - avvenne un mese prima dell'ultimo incanto, fissato per l'1 giugno 2018 nonostante attraverso una raccomandata informammo la custode che la casa era nuovamente occupata da mia cognata».

Questo il racconto fornito dalla legale, ascoltata dagli inquirenti come persona informata sui fatti e che ha ricostruito come sua cognata abbia perso l'immobile a lei assegnato. «Ebbene qualche mese prima dell'ultimo incanto mia cognata mi ha riferito che l'avvocato Luciana Zeccardo (indagata a piede libero e accusata di tentata turbata libertà degli incanti e associazione a delinquere) aveva accompagnato a visionare l'appartamento prima un signore con la barbetta, poi due coniugi e poi il signore che consegnò il bigliettino con il numero di telefono. Può darsi che mia cognata lo conservi ancora o lo ha dato a me».

Nella ricostruzione effettuata davanti agli inquirenti che hanno ascoltato la professionista quest'ultima ha precisato: «Sempre mia cognata mi ha riferito che immediatamente dopo la visita lei e il bambino si recarono ad Atripalda dove incontrarono nuovamente quel signore il quale gli riferì che all'asta dell'1 giugno non si sarebbe presentato nessuno, avevano agganci ed entrature per garantire tale risultato, in tal modo a dire di quest'uomo la base dell'asta sarebbe ulteriormente scesa, in modo che successivamente mia cognata si sarebbe potuta aggiudicare l'immobile». Ma alla donna, separata e con un figlio, in quell'occasione era stata chiesto di firmare un contratto di consulenza, oltre alla consegna di circa 2mila euro. «Nonostante io le consigliai ha ricostruito l'avvocatessa ascoltata presso il comando provinciale dei carabinieri di Avellino - di non affidarsi a queste persone, mia cognata era disperata, aveva paura di perdere la casa e dunque accettò. Mille euro glieli diede mia madre, ma nonostante in famiglia avessimo racimolato 53mila per farla partecipare all'asta, così come lei voleva fare inizialmente, si lasciò convincere da questi signori a non parteciparvi, soprattutto dopo le loro rassicurazioni ricevute dal presunto consulente che l'avrebbe fatta andare deserta».

Circostanza che non è accaduta in quanto - stando al racconto fornito dalla persona agli inquirenti - «l'immobile se lo aggiudicarono due persone, entrambe indagate a piede libero, dopo che tre soggetti si presentarono all'asta dell'1 giugno 2018».

Ma nelle mani degli inquirenti è stata consegnata anche una registrazione effettuata dall'avvocatessa al terzo piano del tribunale: «Quando sono andata a far presente che avevo presentato opposizione al trasferimento e che dunque non avrebbero potuto rilasciare il certificato, in quel frangente quando ho detto il numero della procedura alla funzionaria, l'altra dipendente le ha fatto segno e subito si sono appartate confabulando qualcosa.

La registrazione l'ho trasferita su una chiavetta».

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