Irpinia, nel triangolo del dolore
il ricordo di chi non riuscì a salvarsi

Irpinia, nel triangolo del dolore il ricordo di chi non riuscì a salvarsi
di Giulio D'Andrea
Martedì 24 Novembre 2020, 08:31 - Ultimo agg. 25 Novembre, 12:15
4 Minuti di Lettura

Nel capolavoro teatrale scritto da Mirko Di Martino, «Il fulmine nella terra», l'attore Orazio Cerino si ferma e dice: «Laviano-Santomenna-Castelnuovo, lo chiameranno il triangolo della morte. Però pure Lioni, Sant'Angelo e San Mango lo chiameranno il triangolo della morte. E quindi ci saranno due triangoli della morte. Ché noi misuriamo tutto, si sa. Ché quello che misuriamo ci appartiene. Pure un triangolo con la morte dentro». Ecco, la giornata del 23 novembre del 2020, a Sant'Angelo dei Lombardi, si svolge in un altro triangolo del dolore. Piazza De Sanctis, a pochi metri sorgeva il bar Corrado in cui persero la vita decine di persone. La vecchia caserma dei carabinieri, in cui trovarono la morte i militari. E l'ex convento di Santa Maria delle Grazie, qui morirono religiose e orfanelle. Prima che inizino le celebrazioni, il paese è inghiottito dalla nebbia. Poi la liberazione dalla cappa. E infine il sole. Davanti all'edificio delle Poste la cerimonia è breve. Entrano negli uffici solo il sindaco di Sant'Angelo, Marco Marandino, e il presidente della Provincia, Domenico Biancardi. Cartolina commemorativa e annullo filatelico. Qualcuno chiede se ci siano sopravvissuti che possano offrire una testimonianza davanti alle telecamere. In realtà lo stesso primo cittadino è uno dei sopravvissuti, salvato dallo slancio di suo nonno che poi perse la vita sotto le macerie. E tuttavia chiunque sia nato a Sant'Angelo, Lioni, Conza o Teora può dirsi un po' sopravvissuto. La distruzione fu quasi totale nel 1980. 

Lo sa bene la signora Erminia De Luca, moglie del capitano dei carabinieri Antonio Pecora che fu vittima del sisma ed esempio di coraggio proprio a Sant'Angelo. «Ogni giorno di questi 40 anni per me è stato uguale. Ma mi fa piacere che si continui a ricordare soprattutto in questi momenti terribili le persone cadute. Per i giovani di oggi mi sento di fare un augurio di speranza». Queste le sue parole davanti alla struttura della Compagnia dei Carabinieri costruita dopo il 1980. Un momento commovente, con il generale Maurizio Stefanizzi che ammette di uscire dal protocollo. Ci tiene comunque a parlare e ad omaggiare i caduti. «A Sant'Angelo dei Lombardi siamo stati presenti nonostante le disgrazie, nonostante anche noi avessimo avuto i nostri caduti. Il nostro segreto è darsi totalmente alla gente», dichiara il Comandante della Legione Carabinieri Campania. I giovani, diceva la vedova Pecora. Ha 34 anni il sottosegretario all'Interno, Carlo Sibilia. Forse non ricorda nitidamente nemmeno le macerie.

Ma di sicuro ha visto gli effetti della ricostruzione, quello che è stato e quello che poteva essere. «Per chi è arrivato dopo, il compito più gravoso è anche quello di trasmettere il sentimento della generazione post terremoto. Abbiamo ereditato incertezze e ritardi, subìto gli effetti delle macerie politiche: infrastrutture mai terminate, selvaggi insediamenti industriali realizzati per sfruttare leggi favorevoli salvo poi abbandonare quelle aree, ruderi ai quali non facciamo più caso e una sequela infinita di occasioni perdute. Ancora oggi dall'Irpinia si emigra a causa di quelle occasioni perdute», è il commento.

Video

Ci si sposta alla fine del triangolo del dolore. Siamo a Santa Maria delle Grazie, su quello che sarà il Parco della Memoria: un albero per ogni vittima santangiolese. Sul suolo dove si consumò una tragedia nella tragedia viene inaugurato un monumento a quattro facciate. L'opera è dello Studio Verderosa, ci sono i nomi delle vittime a Sant'Angelo su quattro colonne di pietra lavica da ottocento chilogrammi ognuna. Qui un altro minuto di silenzio. Rosanna Repole, ora consigliera provinciale e sindaco sotto le tende nel 1980 dopo la morte nel sisma di Guglielmo Castellano. C'è il parroco, don Piero Fulchini. Il prefetto Paola Spena, il comandante provinciale dell'Arma, Luigi Bramati. Il sindaco di Avellino, Gianluca Festa. Due le corone d'alloro depositate. Una è dell'amministrazione comunale, l'altra inviata dal presidente della Camera, Roberto Fico. In serata l'ultimo atto del quarantennale. La Santa Messa, con il «Silenzio» intonato da un carabiniere. E il messaggio del Vescovo, Pasquale Cascio: «I quarant'anni ci allontanano dall'evento e tante scelte ecclesiali, civili e politiche sono state fatte. Ci sentivamo minacciati dalla desertificazione, ora immaginiamo come progettare questi luoghi in oasi abitative, accoglienti per chi è già residente e desiderabili da chi vorrebbe ritornare a una nuova esperienza sociale».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA