Isochimica, 35ma vittima dell'amianto:
era il caposquadra teste chiave al processo

Isochimica, 35ma vittima dell'amianto: era il caposquadra teste chiave al processo
di Rossella Fierro
Sabato 17 Settembre 2022, 09:50
4 Minuti di Lettura

La strage infinita degli ex operai Isochimica continua. Il mesotelioma pleurico uccide Rosario Angellotti, ex caposquadra del gruppo di lavoratori addetti allo smontaggio e rimontaggio delle carrozze contaminate da amianto. Nella fabbrica dei veleni di Borgo Ferrovia, Angellotti, che a 62 anni lascia moglie e figli, entrò giovanissimo, il 1° novembre del 1982, e vi rimase fino alla fine dell'88. Originario di Torre Annunziata, era un giovane volenteroso di lavorare e studiare e a soli 22 anni varcò i cancelli della fabbrica dopo aver partecipato alle fasi preparatorie di quell'impresa letale impiantata a due passi dalla stazione ferroviaria.

La sua deposizione al processo, nel maggio del 2018, è stata fondamentale per ricostruire le fasi di lavorazione nei capannoni Isochimica, la mancanza di sistemi di areazione adeguati e anche le attività che, prima della costruzione vera e propria della fabbrica, si svolsero all'aria aperta sui binari della stazione di Avellino. L'allora procuratore Rosario Cantelmo lo definì la memoria storica dell'Isochimica e il suo nome è stato richiamato dal pm Roberto Patscot nel corso della requisitoria finale prima del verdetto di condanna di primo grado.

Angellotti, che dopo l'esperienza in fabbrica aveva studiato ingegneria chimica, era pienamente consapevole del pericolo a cui era stato esposto inalando fibre di amianto.

E i danni subiti si erano manifestati inizialmente con una diagnosi di asbestosi e placche pleuriche rilasciata dall'Asl di Siena a cui si era rivolto insieme ad altri ex colleghi. Poi, un anno fa, il peggioramento e il manifestarsi del mesotelioma pleurico che non gli ha lasciato scampo.

LEGGI ANCHE Avellino: Isochimica, 4 condanne per le vittime da amianto

L'ennesima morte che porta a quota 35 il macabro elenco dei «dead men walking» della fabbrica di Borgo Ferrovia. A giugno scorso lo stesso tumore aveva ucciso a 72 anni l'ex scoibentatore Giovanni Lucidi. Dolore e rabbia tra gli operai che si stringono alla famiglia di Angellotti i cui funerali si svolgeranno domani a Pompei. A ricordarlo con affetto anche l'avvocato Brigida Cesta che lo ha assistito nel corso del lungo procedimento penale, conclusosi con sentenza di primo grado a gennaio scorso e la condanna a dieci anni di reclusione a testa per i due responsabili della sicurezza in fabbrica, Pasquale De Luca e Vincenzo Izzo, e per due ex funzionari di Ferrovie dello Stato Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, e la condanna di Rete Ferroviaria Italiana, società entrata a processo quale responsabile civile, chiamata a risarcire in solido con i due funzionari ognuno degli eredi delle undici vittime riconosciute con 50mila euro, al pagamento della provvisionale e delle spese processuali. Un verdetto, di cui si attende il deposito delle motivazioni, che riconosce la responsabilità di Fs e, dunque, apre la strada in sede civile al riconoscimento del danno biologico subito da altri 230 operai alle prese con le gravi patologie asbesto correlate dichiarate prescritte in sede penale.

LEGGI ANCHE Isochimica di Avellino, primo verdetto per i 27 imputati

«Ogni volta che muore un operaio Isochimica si consuma un fallimento di Stato- commenta Cesta- ad oggi Fs, nonostante la responsabilità sancita nel processo penale, ha bloccato ogni trattativa per quantificare il risarcimento dei danni subiti dai lavoratori. Al momento ha pagato solo le provvisionali agli eredi delle vittime, dopo minaccia di pignoramento, ma non ancora la liquidazione del maggior danno. La motivazione è che bisogna attendere che vengano depositate le motivazioni della sentenza. Ma c'è talmente tanto materiale istruttorio e tante sentenze anche in ambito civile che accertano le responsabilità. Queste persone meritano un riconoscimento per il danno mentre sono ancora in vita».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA