Società fantasma in Campania
nella rete della famiglia Casamonica

Società fantasma in Campania nella rete della famiglia Casamonica
di Livio Coppola
Venerdì 22 Marzo 2019, 11:16
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Due società fittizie tenute strategicamente nell'Avellinese, una coop altrettanto «tarocca» poi trasferita in Lazio. E l'idea, col tempo rivelatasi sbagliata, di poter lavare denaro e celare partecipazioni societarie sconvenienti relegandole in luoghi all'apparenza insospettabili. C'è anche l'Irpinia nell'immenso reticolato della famiglia Casamonica, che da Roma aveva esteso gli affari illeciti anche in Campania e Calabria, avvalendosi di amicizie interne ai clan della criminalità locale. Camorra ma soprattutto Ndrangheta, come emerso dal provvedimento di maxi-confisca emesso ed eseguito ieri a Roma dalla Divisione anticrimine della Questura della Capitale, guidata dalla dirigente Angela Altamura. Un lavoro che di fatto porta a termine quello avviato due anni fa, quando furono sequestrati a svariati esponenti del sodalizio romano-calabrese beni per 30 milioni di euro. Un valore che oggi, con la confisca, è sotto il controllo dello Stato. E proprio il provvedimento di confisca evidenzia come i Casamonica, in collaborazione con il calabresi, avessero scelto anche la provincia di Avellino per insediare, almeno formalmente, attività che potessero essere al servizio dei loro accoliti per effettuare operazioni economico-finanziarie tese anche a nascondere la «titolarità» della stessa famiglia negli affari.

 

Società-cartiera, dunque. Come la cooperativa «Consorzio Maya» che, come spiegato dagli investigatori, ha avuto sede ad Avellino per un certo lasso di tempo prima di riavvicinarsi alla Capitale, con il trasferimento della ragione sociale a Sora, nel frusinate. Un paio, su un totale di 21, le aziende sottoposte da ieri a confisca e riconducibili ancora all'Irpinia come ubicazione. Ditte sostanzialmente fantasma, che la «famiglia» utilizzava alla bisogna come anello intermedio della loro catena affaristica, senza agire concretamente nella realtà locale. «Si tratta quasi sempre di società-cartiera - spiega la dirigente dell'Anticrimine Altamura - che servivano ai professionisti del gruppo per effettuare riciclaggio e fare da schermo per impedire il diretto riconoscimento dei soci effettivi».
Quale miglior luogo dell'Irpinia, potevano pensare i Casamonicao i loro alleati, per tenere degli «innocui» presidi di illegalità, al riparo da occhi indiscreti. Non sono certo gli unici gruppi criminali, negli ultimi trent'anni, ad utilizzare la provincia avellinese come bacino di riferimento per detenere immobili e aziende farlocche al loro servizio. Pian piano, però, soprattutto, in tempi recenti, le «lavatrici» sono state individuate con maggiore facilità e frequenza, anche perché l'attenzione degli inquirenti è salita nel momento in cui sono emerse relazioni dirette tra la criminalità romana e quella campana.

Altri filoni di inchiesta, relativi sempre ai Casamonica hanno evidenziato contatti con la camorra caudina (il clan Pagnozzi), mentre il provvedimento di ieri mette in rilievo rapporti con i clan casertani, oltre che la detenzione di beni in Irpinia come in Sannio. Nel caso di Terra di lavoro, l'indagine ha fatto luce su come un'azienda del casertano venisse utilizzata addirittura per far avere permessi premio a soggetti legati al gruppo criminale. Ad Avellino non si è arrivati a questo, ma la confisca delle due società contribuisce ad accendere ulteriormente i riflettori su territori, come quello irpino, defilati ma di certo non immuni alle infiltrazioni criminali. D'altra parte, come spiegato dall'Anticrimine della Capitale, «le indagini patrimoniali avviate alla fine dell'anno 2015 sono state focalizzate sulla ricostruzione della carriera criminale dei membri del nucleo familiare calabrese di Francesco Filippone, del suocero Francesco Calvi Francesco, del cognato di Calvi Michele Mercuri e di Roberto Cicivelli Roberto, quest'ultimo professionista consulente del gruppo, e di Salvatore Casamonica». Alla base di tutto, l'alleanza tra Ndrangheta e romani, con rapporti collaterali con pezzi di camorra. Un giro largo, insidioso.
 
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