Menù bugiardo sui surgelati: Cassazione condanna ristoratore

Menù bugiardo sui surgelati: Cassazione condanna ristoratore
di Domenico Zampelli
Domenica 8 Luglio 2018, 11:33 - Ultimo agg. 11:57
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La Cassazione ribadisce: è frode in commercio conservare in un ristorante sostanze alimentari non fresche ma surgelate senza che sul menu venga fornita alcuna informazione ai consumatori in ordine a tale caratteristica. Ne fa le spese un ristoratore avellinese, condannato in via definitiva alla pena di due mesi di reclusione.
Una condotta che per era stata già riqualificata dalla corte di appello nel 2016, dopo la condanna in primo grado da parte del tribunale di Avellino nel 2012, alla stregua di delitto tentato e non come consumato, non essendovi stata la prova dell'avvenuta somministrazione agli avventori del locale. Gli ermellini hanno in particolare censurato la circostanza che «nella indicazione degli ingredienti utilizzati per la elaborazione delle pietanze offerte non sia stato precisato sul menu sottoposto ai clienti il fatto che si tratta di prodotti non freschi ma conservati dopo essere stati assoggettati a processo di surgelamento».

Confermata anche la più benevola considerazione della vicenda attuata dai giudici di secondo grado: «La circostanza che non sia stata raggiunta la prova della avvenuta somministrazione si legge infatti nella sentenza della Suprema Corte - agli avventori del locale, giustifica la derubricazione del fatto, in relazione al quale vi sono tutti gli estremi della univocità ed idoneità degli atti al fine della commissione del reato di frode in commercio, in delitto tentato».

Nulla da fare per il ricorrente, invece, per quanto riguarda la pena accessoria rappresentata della pubblicazione su di un giornale quotidiano. Era stato infatti lamentato che fosse stata confermata la pena accessoria della pubblicazione della sentenza su di un giornale quotidiano e non del semplice rimando sul sito Internet del Ministero della Giustizia.

Questo sebbene la sentenza della Corte di appello fosse stata emessa dopo la intervenuta modifica dell'art. 36 codice penale, che stabilisce appunto le modalità di pubblicazione delle sentenze di ergastolo e in particolari materie fra le quali appunto la frode in commercio sul versante alimentare.

Il collegio della terza sezione del palazzaccio (presidente Elisabetta Rosi) ha ritenuto che le modifiche al codice debbano valere per il periodo successivo al 2011 in quanto «non hanno introdotto nel sistema penale una nuova sanzione accessoria, ma hanno diversamente modulato il contenuto della pena accessoria già ivi prevista, sostituendo alla tradizionale forma di pubblicazione sulla stampa quella via internet, che ha rafforzato il carattere afflittivo di detta pena stante la potenziale maggiore diffusività del mezzo di pubblicazione, sicché, ai sensi della nuova disciplina non è applicabile ai fatti pregressi, quale è quello ora in scrutinio, rispetto alla entrata in vigore della novella».
 
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