Odissea Alto Calore, bocciati due progetti da 35 milioni di euro

Odissea Alto Calore, bocciati due progetti da 35 milioni di euro
di Alessandro Calabrese
Mercoledì 9 Marzo 2022, 07:43
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«Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua, digitalizzazione e monitoraggio delle reti». Questo avviso pubblico di manifestazione d'interesse del Ministero Infrastrutture sembrava fatto apposta per l'Ato Calore, e invece i due progetti della partecipata dell'acqua irpino-sannita presentati dall'Eic non sono stati ammessi in quanto la spa di corso Europa non è affidataria del servizio idrico integrato.

Dunque, nonostante effettui in concreto questa funzione, l'articolo 9 al comma 3 del bando la esclude inesorabilmente da un finanziamento di circa 35 milioni di euro, bypassando anche l'escamotage di far passare l'Ente idrico campano quale soggetto proponente e attuatore degli eventuali interventi approvati.

E così, per un ritardo da addebitare alla Regione e al suo braccio operativo, l'unico gestore campano che provvede in proprio all'adduzione, alla distribuzione idrica e, in parte, alla rete fognaria e alla depurazione, resta fuori da quei fondi ad hoc che sarebbero stati una manna dal cielo.

I due progetti, infatti, riguardavano la Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua, la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti gestite da Acs per 34.258.303,24 di euro e il Rilievo, censimento, modellazione idraulica, controllo e monitoraggio pressioni delle reti idriche per la distrettualizzazione nei comuni in provincia di Avellino gestiti da Acquedotto pugliese nell'Ato 1 Campania Calore Irpino per 700mila euro. In pratica, un piano di riqualificazione delle condotte contro la dispersione della risorsa idrica e l'applicazione di una serie di sensori volti ad evitare la rottura delle tubature a causa degli sbalzi di pressione dell'acqua.

Entrambi, però, si sono fermati di fronte ad un mancato provvedimento che l'ex presidente dell'Alto Calore, Lello De Stefano, aveva sollecitato addirittura il 26 aprile del 2018, quattro anni fa. Mettendone in evidenza l'importanza per consentire la realizzazione di investimenti, applicare misure perequative sulle tariffe e salvaguardare l'azienda, come altre del settore, esposta al rischio di fallimento. Non molto tempo fa, di fronte alla mancata risposta, anche l'attuale amministratore unico, Michelangelo Ciarcia, ha ribadito la necessità di procedere con l'affidamento che avrebbe messo l'Alto Calore anche nelle condizioni di poter accedere ad un mercato dell'energia elettrica a prezzi calmierati. Ma, invece, a Palazzo Santa Lucia si continua a studiare davanti ad un Alto Calore che adesso si trova a dover fronteggiare, oltre all'istanza di fallimento della Procura, l'aumento del costo della corrente e reti colabrodo per le quali da circa 5 anni la Regione aveva garantito un investimento da 60 milioni di euro.

Davanti a questo scenario lo stesso Ciarcia confessa che il rischio di subire pesanti contraccolpi nella regolare erogazione del servizio, almeno a medio termine potrebbe essere concreto. «Sono molto preoccupato di fronte a questa situazione, lo scenario è drammatico e le condizioni per salvare la società continuano a scontrarsi con nuovi fattori esterni. Contavamo molto su quei due progetti, avrebbero potuto darci respiro e, invece, nulla di fatto. Mi rivolgo ai consiglieri regionali irpini che finora sembrano essersi disinteressati alla vicenda dell'Alto Calore, che significa gestione dell'acqua pubblica nel nostro distretto. Sono loro che devono cercare di garantire con un impegno fattivo il contributo della Regione. Ci ha provato l'unico che è all'opposizione, il consigliere Vincenzo Ciampi, ma risultati non se ne sono ancora visti, atteso che dell'importo previsto sui progetti di rifacimento delle reti di distribuzione sono stati solo stanziati 3 milioni di euro». E poi conclude: «La gestione del passato ormai non c'entra più. Il prezzo dell'energia è raddoppiato da 15 a 30 milioni di euro e dopo il rallentamento degli incassi dovuti al Covid, e per i quali l'Arera ha imposto una politica a tutela degli utenti, ora c'è la guerra, con tutto quanto ciò che ne consegue. Stiamo facendo tutto quanto è in nostro potere ma di fronte alla assenza delle istituzioni e con spese enormi, continuare a garantire di sollevare l'acqua dalla Centrale di Cassano per raggiungere i comuni diventa davvero un'impresa».
 

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