Omicidio Aldo Gioia ad Avellino,
Elena e Giovanni davanti allo psichiatra

Omicidio Aldo Gioia ad Avellino, Elena e Giovanni davanti allo psichiatra
di Gianni Colucci
Martedì 1 Novembre 2022, 12:00
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Un dolore chiaro ed evidente per Giovanni, mentre Elena mostra una certa propensione a parlare.

Nella prima giornata di esame psichiatrico in carcere per Giovanni Limata e Elena Gioia, i due ragazzi accusati dell'omicidio di Aldo Gioia, vengono fuori forse i caratteri diversi dei due.

Nella saletta dalle pareti bianche, con il tavolino al centro e poche sedie di ferro, è il dramma di due giovani che torna in scena. E la domanda che aleggia resta la stessa: «Perché l'avete fatto?».

Lui più chiuso, quasi scontroso, comunque con quelle gravi difficoltà di relazione che erano venute fuori anche nel corso delle udienze; lei forse rinfrancata dal diploma di maturità in scienze dell'educazione e scienze sociali, conquistato questa estate, sembra più avvezza a raccontarsi.

Appare oggi capace di guardare ad un'ipotesi di futuro, ha confidato ai suoi che potrebbe iscriversi all'università. 

È soltanto il primo dei colloqui a cui si sono sottoposti al carcere di Bellizzi ieri mattina. 

Elena si è presentata alle 11,40. Circa un'ora dopo Giovanni. Alle 14 i colloqui si sono chiusi.

In nove fra avvocati e medici ad assistere alla seduta con il perito nominato dal presidente della Corte d'Assise, lo psichiatra Giuseppe Sciaudone.

I ragazzi, uno alla volta, sono sfilati davanti allo psichiatra che aveva negato al pm l'utilizzo di una telecamera per videoregistrare la seduta.

Elena ha parlato della vicenda che le ha trasformato la vita, ma anche del rapporto con quel giovane così distante da lei per estrazione sociale, cultura e con il quale aveva stabilito una relazione.

La natura di quella relazione, ma sopratutto le origini profonde della necessità di quel legame, è la materia da scandagliare da parte dello specialista chiamato dalla Corte. Si dovrà ricostruire il rapporto tra i due a partire dalle considerazioni che gli psichiatri - quelli delle parti, quello del Pm - hanno man mano potuto avanzare in questi mesi. 

Giovanni a sua volta, in maniera più involuta, ha espresso stati d'animo e emozioni ripercorrendo i fatti di quella serata drammatica dell'aprile di un anno fa. Giovanni soffre di crisi che hanno portato i suoi legali a chiedere perizie per verificare la compatibilità della sua condizione con il regime carcerario. La Corte non ha però accolto questa richiesta. Ieri il primo contatto con lo specialista: non è potuto andare oltre l'illustrazione del suo compito ai due giovani e ha posto qualche domanda preliminare. Si trattava di stabilire se la «follia a due», di cui si è parlato a lungo nel corso delle udienze di quest'anno, in che maniera abbia effettivamente influito su comportamenti, decisioni, scelte dei due giovani. 

Lei è stata vittima di una condizione di subalternità a quel giovane che apparentemente era così sicuro di se? Oppure era lui a subire le decisioni di una ragazza esacerbata dal buio che percepiva nei rapporti familiari? Sarà la giornata del 10 novembre, probabilmente, quella decisiva, nella quale ai giovani si chiederà di entrare di più nel merito della vicenda che li ha portati in carcere. Il 25 gennaio prossimo è stata fissata l'udienza di rinvio nella quale si discuterà della perizia di Sciaudone, che potrebbe essere pronta e quindi depositata già nella prima decade di gennaio del 2023. 

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Per il il Pm era presente la psichiatra Raffaella Perrella; per i fratelli della vittima lo specialista Paolino Cantalupo e l'avvocato Brigida Cesta, era assente il perito nominato nell'interesse di Giovanni Limata Rolando Paterniti. Per Elena Gioia c'erano Stefano Ferracuti e Gianmarco Tessari e l'avvocato Francesca Sartori. 

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