Avellino, pronto soccorso intasato:
«Come un ospedale da campo»

Avellino, pronto soccorso intasato: «Come un ospedale da campo»
di Antonello Plati
Sabato 8 Agosto 2020, 11:24
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«Sembrava di stare in un ospedale da campo». Poche eloquenti parole, quelle di un utente costretto per ore su una barella dell'ambulanza all'interno del pronto soccorso di Avellino. «Erano finiti i lettini, ci hanno detto. E come me tanti altri hanno aspettato il proprio turno sulle barelle del 118». Una condizione di estremo disagio, immortalata dall'utente in alcune foto scattate con il suo smartphone, che (già segnalata dal Mattino) si ripete ogni giorno da almeno una settimana e che espone pure al rischio contagio sia i pazienti sia il personale: infatti, la distanza minima indicata dal ministero quale misura anti-covid non può essere assicurata in un simile contesto. Ieri, nella sala medica 1 che proprio per garantire il distanziamento dovrebbe ospitare al massimo 11 persone ce n'erano 15 in attesa. Inoltre, la penuria di lettini blocca le ambulanze del 118 che senza barelle non posso ripartire con le chiamate che restano inevase e i tempi di attesa che si dilatano.

Insomma, una serie di gravi negligenze con ripercussioni negative sia sul personale, costretto a sostenere ritmi massacranti, sia sull'utenza, sempre più esasperata dai tempi e dai modi di attesa. La causa? Un'organizzazione che fa acqua da tutte le parti. Ma cosa non va? Innanzitutto, il piano per la gestione del sovraffollamento, presentato a gennaio dal direttore generale Renato Pizzuti, i cui effetti non si sono mai manifestati. Ma anche l'ormai nota disposizione del direttore medico di presidio, Vincenzo Castaldo, che imporrebbe un tetto massimo di 22 pazienti in attesa (per evitare assembramenti), ma che puntualmente non può essere rispettata. Perché? Dal 20 marzo con la chiusura del pronto soccorso del plesso Landolfi di Solofra (disposta dalla direzione strategica del Moscati per far fronte alla fase critica dell'epidemia da coronavirus dirottando il personale in altri reparti), ad Avellino il carico di lavoro è aumentato. E la rete territoriale (di competenza dell'Asl con l'Emergenza e soprattutto la Continuità assistenziale) continua a non fare la sua parte (anche per la diffusa sfiducia da parte dei cittadini in questi presidi). L'assenza, poi, di un Piano estivo (che negli anni passati era redatto tra fine giugno e inizio luglio prevedendo, tra l'altro, un potenziamento proprio dell'organico in pronto soccorso) ha generato il caos delle ultime settimane.

Come anticipato dal Mattino, in assenza di indicazioni dalla direzione sanitaria i primari hanno agito in autonomia disponendo, per mancanza di personale, la riduzione dei posti letto, lo stop agli interventi chirurgici in elezione e alle visite ambulatoriali. Da alcuni giorni hanno sospeso (fino alla fine del mese) gli interventi chirurgici in elezione (assicurando solo le urgenze) i reparti di Cardiologia, Ginecologia, Neurochirurgia e Urologia. Inoltre, dimezzati i posti letto in Neurochirurgia (da 15 a 8) e Urologia (da 24 a 12), mentre Ginecologia ha interrotto l'attività ambulatoriale e ha chiesto supporto all'Unità di Fisiopatologia della riproduzione per riuscire a coprire i turni. Problemi anche a Ortopedia con camici bianchi e infermieri sottoposti a turni estenuanti (notturni compresi). Per tentare di superare le difficoltà, il primario Antonio Medici ha chiesto sostegno ai colleghi del Landofi, dove in Ortopedia sono in 5 e svolgono una sola seduta operatoria alla settimana (senza effettuare il turno notturno). La richiesta, però, è stata rispedita al mittente. Sospesi sine die pure il Fast Track e la guardia attiva in Ortopedia che consentivano al pronto soccorso di smaltire velocemente i traumatizzati lievi, i quali dal triage passavano direttamente all'ambulatorio dedicato.
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