Quel parco «naturale» di Piazza Castello che può trasformarsi in borgo culturale

Quel parco «naturale» di Piazza Castello che può trasformarsi in borgo culturale
di Francesco Todisco*
Domenica 8 Maggio 2022, 11:29 - Ultimo agg. 11:30
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La splendida fotografia di Luca De Ciuceis, che ci consegna la prospettiva dall’alto dello spazio urbano che va dalla Casina del Principe alla Collina della Terra, ci indica, una volta di più, le potenzialità enormi di questo luogo e in particolare del collegamento fra i resti del Castello normanno, con la piazza prospiciente, e tutto il resto della collina della Terra e, quindi, del centro storico. Una premessa è d’obbligo: Avellino ha una storia importante e una bellezza altrettanto importante. Il fatto che per decenni se ne siano perse le tracce nel discorso pubblico non cancella il punto di partenza e cioè che quella storia e quella bellezza esistano. Il lamentismo ignorante di chi ignora quella storia, fino al punto da riversarla in un luogo comune che passa di bocca in bocca, che vorrebbe affermare una città senza storia e senza bellezza, non può averla vinta sulla realtà dei fatti. E sta al pensiero delle classi dirigenti della città impegnarsi per rovesciare un cliché di comodo, ignorante per chi ignora, interessato per chi su quel luogo comune ha costruito, per decenni, e vorrebbe continuare a costruire scelte che, cancellando la memoria della città, hanno rafforzato gli interessi di pochi. La città ha bisogno di ripartire dalla sua origine identitaria e da un processo di riappropriazione comunitaria di quella identità, che coinvolga soprattutto i più giovani.

Giovani che non hanno avuto maestri nella trasmissione della memoria collettiva avellinese. E la sua identità sta intorno al rapporto con l'antica Abellinum, che sorge lungo il fiume Sabato ad Atripalda, e alle ragioni storiche e difensive che portarono gli abellinati a ricostruire la propria città intorno alla Collina della Terra.

Lungo quello spazio si riannodano i fili della memoria di una realtà unica che, prima o poi, dovrebbe tornare tale anche dal punto di vista amministrativo.


Cosa ci dice quella foto? Ci fa vedere dall'alto un parco di fatto, privo del disegno di un qualche architetto, che esiste a prescindere da volontà amministrative e che, partendo dalla Casina del Principe e dal suo cortile, attraversando proprietà private e comunali, ad oggi intercluse e non fruibili che però hanno al proprio interno elementi di grande rilievo storico a partire da ciò che resta dell'abbazia di San Paolo Apostolo e dell'affresco medievale raffigurante un Cristo (ancora oggi visibile), arriva fino al Castello, al Conservatorio Cimarosa e alla piazza che poi risale, attraverso le rampe, dal Teatro Gesualdo fino al Palazzo Victor Hugo, alla parte retrostante della Cattedrale (con l'ingresso della Cripta, la chiesa dell'Annunziata e il Palazzo della Camera di Commercio), per arrivare a Piazza Duomo, incrociando il Campanile (che più di ogni altra opera ricorda l'identità con l'antica Abellinum), l'area archeologica di via Seminario (che richiederebbe tutt'altra valorizzazione) e la Torre dell'Orologio, attraversando via Duomo con i puoi palazzotti storici e arrivando a piazza Amendola con la Dogana fanzaghiana; per poi ritornare verso il Castello, attraverso l'andatura gentilmente curva di Corso Umberto, incontrando l'accesso ai cunicoli longobardi, la fontana di Bellerofonte (dei tre cannuoli), la Chiesa di Costantinopoli e altri palazzi storici. Andatura curva di Corso Umberto che pare riprendere l'andatura del Fenestrelle che sta immediatamente alle sue spalle e che chiede di essere quel Parco di connessione fra le centralità moderne della città con la sua origine storica. Non ho potuto ricordare tutto, ovviamente, ma in poche righe ho provato a trasmettere le potenzialità del Centro storico di Avellino.

Tornando alla foto e, quindi, alle funzioni di Piazza Castello, nel 1983, proprio dalle colonne de Il Mattino, Generoso Picone lanciò l'idea (più volte ripresa dall'amministrazione Di Nunno) di rendere l'asse fra il Castello e la collina della Terra il Beaubourg, il centro culturale polifunzionale, di Avellino. L'idea resta più che mai attuale: la Casina del Principe coi suoi spazi, la fruizione dei vari livelli del Castello, il collegamento fra il Castello e gli elementi medievali ad oggi non fruibili, Piazza Castello come grande arena per gli eventi pubblici più importanti, il ruolo dell'Auditorium del Conservatorio e dei suoi spazi all'aperto, il Teatro (da utilizzare nella sua interezza: parco del Gesualdo, Teatro all'aperto, Centro Congressi), il Victor Hugo (in via di ristrutturazione con la sua sala convegni), gli altri auditorium della Camera di Commercio e della Chiesa dell'Annunziata, fino ad arrivare alla Dogana, hanno bisogno di una lettura unica. Infatti, nello spazio di pochi metri (senza voler considerare Piazza della Libertà con gli edifici e le funzioni che vi insistono e senza voler contare gli spazi diocesani) abbiamo più di dieci fra auditorium e sale convegni. Alcuni dei quali hanno dismesso la loro funzione nel momento in cui si sono trovati a concorrere con spazi più moderni. Piazza Castello può essere il centro del nostro Beaubourg, ma se riconsegnata a una regia che metta insieme i proprietari dei vari beni, le Università della Campania che potrebbero creare qui la Cittadella della storia, della musica e delle arti, le associazioni, la creatività dei cittadini.

Ritorno alla premessa iniziale: si tratta di un disegno ambizioso, fare del centro storico di Avellino una cittadella culturale diffusa. Spazi museali, parchi archeologici, parchi naturali, spazi polivalenti che ne affermino la vitalità; una vitalità che sia favorita da scelte amministrative chiare: da un'ampia pedonalizzazione a incentivi che rendano possibile il riutilizzo dei locali terranei a fini artigianali e professionali. Dalle origini riparte la ricostruzione identitaria di una città.

Ma c'è bisogno di consapevolezza: c'è bisogno, come dicevo in premessa, che lo stanco luogo comune che vuole Avellino povera di storia e di bellezza sia travolto dall'evidenza dei fatti. Poiché quel luogo comune, oltre a essere bugiardo, è solo strumentale a chi lavora per i propri interessi e non per il bene di Avellino. Spesso sono gli occhi di chi vede la città da lontano o dei più giovani a rivelarci verità che ci fanno sperare. Ho trovato commovente l'iniziativa, di qualche tempo fa, di una giovane musicista di Osaka, Mayumi Ueda, perfezionatasi al nostro Conservatorio musicale, che ha deciso di vivere e aprire la sua liuteria nel centro storico; così come quella di un sedicenne (oggi diciottenne) avellinese, Antonio Dello Iaco, che, nell'inerzia complessiva della comunità, da solo ha interpellato tutti gli enti, Ministro della Cultura compreso, fino a ritrovare i proprietari della Chiesa di San Nicola dei Greci (guarda caso, sempre a ridosso di Piazza Castello) al fine di determinare l'intervento del Comune per far sì che questa chiesa, fra le più antiche della Campania, si salvasse e non crollasse del tutto. Segnali piccoli, quasi simbolici più che materiali, ma che ci dicono di quale sia la strada e lo spirito per rovesciare un cliché che tanto male ha fatto alla nostra comunità.

*Delegato del governatore all'Alta Capacità
 

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