Sponz fest 2020, la magia dell'acqua
nel festival di Vinicio Capossela

Sponz fest 2020, la magia dell'acqua nel festival di Vinicio Capossela
di Giovanni Chianelli
Domenica 30 Agosto 2020, 20:00
4 Minuti di Lettura

C'è tanta acqua nello Sponz fest 2020 e ce n'è soprattutto a Caposele, paese patronimico del direttore artistico. Il rabdomante Vinicio nel disegnare il suo impossibile percorso tra i fiumi campani ha voluto che qui si consumasse la penultima tappa, prima del concertone finale di oggi alla foce del Sele, che nasce dal monte Paflagone sgorgando dal bacino idrico più grande d'Europa, lo stesso che alimenta l'acquedotto pugliese.



I passaggi in acqua sono tre. Si inizia nel pomeriggio, con una visita al parco fluviale, bonificato grazie all'opera instancabile del Gruppo attivo Luciano Grasso, sodalizio di ambientalisti che da anni combatte per salvaguardare questa immensa risorsa di acqua potabile.

«Difendiamo il bene comune dagli appetiti delle imprese e dalle manovre oscure della politica», dice Raffaele Grasso, consigliere comunale e attivista. Volto affilato, sguardo da indio in lotta con le multinazionali, racconta di una cascata a sorpresa che a volte spunta dai rilasci dell'acquedotto: «Parliamo di un salto di 100 metri, è spettacolare, vorremmo diventasse un'attrazione turistica».

Il gruppo di persone, contingentato e in mascherina dal protocollo Covid, sciama tra i sentieri del piccolo e suggestivo parco, in un gioco di chiariscuri sui corsi variopinti dei torrenti.



Introdotti dall’associazione teatrale locale La forgia sono accompagnati nei meandri del bosco dal pifferaio Andrea Tartaglia: «Lasciatevi guidare dal suono del fiume. Poi fluite negli spazi vuoti, come fa l'acqua».

Una via crucis fluviale che come prima stazione ha la chitarra di Victor Herrero, poi il flauto di Giovannangelo De Gennaro, infine i cupa cupa di Tricarico, enormi putipù che hanno bisogno, guarda caso, dell'acqua per poter essere sfregati a dovere. Il colpo d'occhio è notevole, si unisce una zampogna e il battito degli strumenti diventa un cuore pulsante.



Verso il tramonto la carovana sciama verso le sorgenti del Sele descritte da Ungaretti come luogo sacro.
Una spianata recintata perché, come dice Vinicio, «è un punto vivo». C'è rischio di sprofondare direttamente nelle falde acquifere dove l'acqua «romba come un toro»e perciò l'apertura al pubblico è un fatto eccezionale anche per i caposelesi.

Sulla roccia dove avviene il miracolo della nascita delle acque è scolpita la lode di san Francesco: «Quando Vinicio mi ha convocato stavo appunto lavorando ad una messa in canzone del Laudato sii. Una combinazione troppo surreale, ho detto subito sì. Molto emozionante cantare in un luogo del genere, dove non l’aveva fatto ancora nessuno», dice Patrizia Bovi, musicista e musicologa di Assisi, cultura immensa e sorriso gentile, specialista di musiche aragonesi nel Regno di Napoli; insieme a De Gennaro dà vita al secondo movimento, dal nome Sorella acqua.

Repertorio zampillante, dal poverello che parlava agli uccelli ai canti nuziali galiziani, con strumenti in via d'estinzione come la ghironda, quando il sole si dà il cambio con la luna che dorme sul fianco del monte lo spettacolo è incantevole.



La sera è di festa e di musica. Sul palco del borgo irpino sfilano i gruppi in rappresentanza dei luoghi che l’acquedotto abbevera: «Siamo qui per ringraziare Caposele per l’acqua che ci dà da oltre un secolo», dicono i Cantori del Capo da Santa Maria di Leuca, prima di iniziare pizziche e tarante. Tornano i “cupa cupa”, lo spettacolo diventa una trance. E anche se diversi addetti alla sicurezza si affannano per ricordare le distanze e il rischio di contagio le gambe vanno da sole, la piazza si incendia.

Vinicio si prende il finale, con le ballate delle Terre della Cupa, per chiudere la serata dedicata alle sorgenti del folk.

Prima, nelle sue vesti da Tom Sawyer, mascherato e ligio, ghigna in un angolo insieme allo staff, e un pò ne gode a vedere la gente che, finalmente, si dà alle danze: non sarebbe stato un vero Sponz fest senza, appunto, “sponzarsi”, bagnarsi del sudore del ballo. 

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