«Stazione ferroviaria Avellino,
sì al vincolo storico del ministero»

«Stazione ferroviaria Avellino, sì al vincolo storico del ministero»
di Antonello Plati
Sabato 9 Febbraio 2019, 11:00
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Nuova vita per la stazione di Avellino. Mentre Regione e Ferrovie dello Stato proseguono nell'elettrificazione delle tratte che da Benevento, passando per il capoluogo irpino, conducono a Napoli e Salerno, il Ministero per i Beni e le Attività culturali (Mibac) - su richiesta della Soprintendenza all'Archeologia, Belle arti e Paesaggio avvia la procedura per apporre il vincolo di tutela sugli edifici e i manufatti presenti nello scalo di Borgo Ferrovia che potrebbe, dunque, diventare una «stazione-museo». Infatti, è notevole l'interesse storico-architettonico di alcune rare testimonianze della tecnica costruttiva dell'800 che risultano tutte ben conservate: dalle rimesse all'officina per locomotive, ma anche alloggi, depositi, magazzini e addirittura una torre-serbatoio dell'acqua e una piattaforma girevole.
 
Se dovesse arrivare il placet ministeriale, sarebbe un altro importante passo in avanti per restituire centralità alla stazione di Borgo Ferrovia e di conseguenza anche all'intero quartiere che in prospettiva potrebbe diventare «residenza studentesca» per i fuori sede dell'Università di Salerno. Questo potrebbe essere uno degli effetti del progetto di elettrificazione da 230 milioni di euro dove è inserito pure il potenziamento delle corse per Salerno con una fermata a Fisciano rinnovata e direttamente collegata al campus con un sovrappasso mobile di 800 metri. Sulla questione sono intervenuti, dando la propria benedizione, sia il presidente della commissione regionale Trasporti Luca Cascone sia il rettore dell'ateneo Aurelio Tommasetti. Anche residente e commercianti della zona hanno manifestato la propria approvazione. Non solo Avellino. Il Mibac nel 2016 aveva già designato come bene culturale l'Avellino-Rocchetta Sant'Antonio e la richiesta appena inoltrata non potrà che avere delle ricadute positive su tutti gli altri comuni toccati dal collegamento. Entrata in funzione nel 1895, fortemente voluta da Francesco De Sanctis, sospesa il 12 dicembre 2010, la linea che collega l'Irpinia alla Puglia - attraversando le zone interne e toccando anche la provincia di Potenza - è stata al centro di una lunga battaglia per la riattivazione portata avanti da cittadini e associazioni con in prima linea «In Loco Motivi» - che ha prodotto i primi risultati tre anni fa, quando il 22 agosto in occasione dello Sponz Fest - la manifestazione culturale che si svolge ogni anno a Calitri ideata e diretta da Vinicio Capossela un treno è partito da Rocchetta per fermarsi alla stazione di Conza della Campania Cairano: si trattava di un convoglio storico messo a disposizione da Fondazione Fs per l'occasione. La stessa Fondazione aveva già siglato, il 14 luglio 2015, un patto con la Regione per la riapertura della Avellino-Rocchetta a scopi turistici nell'ambito del progetto «Binari senza tempo». Un anno dopo la prima parziale riattivazione, il 25 agosto 2017 sempre in occasione dello «Sponz», i vagoni sono giunti fino a Montella, mentre l'11 febbraio 2018, per il Carnevale, è stato riallacciato il collegamento fino a Montemarano. La riapertura dell'intera linea si è conclusa il 26 maggio dell'anno scorso con i treni in partenza da Avellino. Adesso, la richiesta della Soprintendenza per tutelare gli immobili e i manufatti. «All'intero dello scalo di Avellino scrive il soprintendente Francesca Casule sono presenti alcuni edifici e manufatti di particolare interesse nell'ambito dell'archeologia industriale, rare testimonianze della tecnica costruttiva dell'epoca consistenti in rimesse e officina per locomotive, alloggi, depositi e magazzini che benché ricostruiti per piccola parte rivestono ancora interesse». E ancora, «Una torre-serbatoio dell'acqua e una piattaforma girevole». Dopo il sisma del 23 novembre 1980, molti edifici sulle tratte ferroviarie vennero abbattuti e ricostruiti in cemento armato. Ma nel caso della stazione di Avellino, alcuni che erano già dismessi non vennero buttati giù e questo consente ancora oggi di apprezzare gli impianti ferroviari ottocenteschi.
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