Mille giovani cuori irpini in marcia per ricordare Roberto Bembo, un coetaneo venuto a mancare in circostanze drammatiche e per dare concretezza alle dure parole pronunciate dal vescovo Aiello durante i funerali del ventenne.
C'è il ripudio della violenza ma anche il diritto al divertimento negli sguardi e nelle parole degli studenti di tutte le scuole avellinesi che ieri mattina, dopo un rapido tam tam viaggiato nel week end di cellulare in cellulare, hanno attraversato silenziosi le strade della città, da via Morelli e Silvati, cuore del campus scolastico, a piazza Libertà.
Una tappa a viale Italia, davanti all'Amatucci, la scuola che aveva frequentato il giovane di Mercogliano, e poi di nuovo in marcia. Come era accaduto già negli undici giorni di agonia e di speranza, come era stato confermato durante il rito funebre nella chiesa dell'Annunziata a Mercogliano, anche ieri è stato il silenzio a riempire quel vuoto che la scomparsa di Roberto Bembo ha lasciato nelle coscienze di tutti i suoi coetanei. Che fossero compagni di scuola, di gioco, di esperienze lavorative o che non lo conoscessero affatto, il filo conduttore che ha attraversato il serpentone di teenager lungo le strade è stato uno ed uno solo, la voglia di poter vivere in un contesto sano e pulito, senza violenza e sopraffazione.
«Così non va», ammette Giorgia, studentessa avellinese che Roberto nemmeno lo conosceva. Ma, come tutti, si sente anche lei Roberto, vale a dire una potenziale vittima di una cultura dalla quale i ragazzi vogliono prendere le distanze. «Siamo qui per onorare la memoria di un nostro coetaneo ma anche per far capire che non si può andare vanti così. Ho paura di uscire e pensare che possa accadere a me quanto occorso a Roberto». È come se la tragedia del giovane di Mercogliano avesse aperto uno squarcio in una routine che, per i giovani avellinesi, non contemplava la morte. Con la quale si vedono oggi costretti a fare i conti. «Non è giusto morire così a vent'anni», si lascia andare Alessandro, che Roberto lo ricordava tra i banchi di scuola. In tanti, nel corteo, si stringono a Federica, la fidanzata di Roberto travolta da una tragedia che la segnerà per il futuro. In strada ci sono anche gli amici di infanzia, come Pasquale, che oggi frequenta il liceo Colletta e che definisce «inaccettabile» ciò che è accaduto. «Avellino è un far west, non c'è solidarietà, non c'è pace, non c'è amore. Non è divertimento andare in discoteca per cercare la rissa. I colpevoli meritano una condanna esemplare».
Lo studente di Mercogliano ricorda l'amico di sempre, con il quale scherzava al bar per quel caffè che, dice, «non sapeva fare ma che ci univa e faceva divertire. Mi mancherà tantissimo. La responsabilità è nella mentalità che c'è tra noi giovani ma anche forse nei controlli del territorio che non ci sono».
Condanna della violenza in ogni sua forma arriva anche da Mario, rappresentante degli studenti dell'Imbriani. «Si è raggiunto l'apice - dice - È sempre troppo presto per morire, specie se hai vent'anni».
In piazza, prima del rompete le righe, si forma un grande cerchio intorno a don Vitaliano Della Sala, con il quale tutti i ragazzi intonano il Padre Nostro, prima di accendere torce bianche, blu e rosse, a simboleggiare la purezza, l'infinito ed il colore preferito di Roberto. «Da giorni questi ragazzi stanno tirando fuori il meglio. Dovremmo fare autocritica e ringraziarli perché ci stanno invitando a riflettere e a cambiare idea su di loro. Il loro comportamento ci toglie dalla preoccupazione di altra violenza».
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