Sversamenti e abusi edilizi,
la doppia piaga dell'Irpinia

Sversamenti e abusi edilizi, la doppia piaga dell'Irpinia
di Rossella Fierro
Martedì 5 Aprile 2022, 07:32 - Ultimo agg. 13:58
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L'Irpinia scala le classifiche nazionali e regionali degli ecoreati. Nella provincia un tempo erroneamente definita isola felice, si consuma il 12% degli illeciti ambientali della Campania, regione che a sua volta detiene il triste primato nazionale. Avellino si colloca al sesto posto in Italia per reati legati al ciclo illegale dei rifiuti, stessa posizione per quanto riguarda illeciti nel settore del cemento, e uno spaventoso aumento del 20% nel 2021 rispetto all'anno precedente per quanto riguarda le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, un vero e proprio allarme riciclaggio. È questa l'impietosa fotografia scattata da Legambiente che ieri ha presentato al Carcere Borbonico, alla presenza del questore Maurizio Terrazzi, del comandante provinciale dei Carabinieri Luigi Bramati, del viceprefetto Rosanna Gamerra, e di esponenti politici e istituzionali, il rapporto «Ecomafia 2021. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Campania».

A snocciolare i dati relativi al 2020 che riguardano la provincia di Avellino, il coordinatore del circolo cittadino «L'Alveare» Antonio Di Gisi. Il lockdown non sembra aver fermato l'attività criminale in campo ambientale.

Dei 5.457 reati registrati in Campania, con una media di 15 al giorno, frutto dell'attività di ben 90 clan, il 12% sono avvenuti in Irpinia. Una percentuale provinciale che, tradotta in cifre, fa registrare nel 2020 ben 655 reati accertati di illegalità ambientale, circa 54 al mese, con 383 persone denunciate, un arresto e 98 sequestri e posiziona l'Irpinia al nono posto nazionale.

A facilitare la vita a chi delinque in campo ambientale, c'è il fenomeno corruttivo. Secondo l'Unità di Informazioni Finanziaria presso la Banca d'Italia, che riceve le segnalazioni di operazioni sospette da banche, notai, commercialisti e Poste, in Irpinia nel 2021 sono aumentate del 20% le segnalazioni sospette: 723, a fronte delle 604 del 2020.

La provincia di Avellino svetta dunque al sesto posto nazionale nel ciclo illegale dei rifiuti, con 206 infrazioni accertate, 157 persone denunciate e 35 sequestri. Stessa posizione per quanto riguarda il ciclo illegale del cemento con 214 infrazioni, 175 persone denunciate e 34 sequestri. Qui l'unica nota positiva che riguarda le demolizioni degli abusi edilizi: i comuni irpini guadagnano, nella classifica nazionale su scala provinciale, il primato con il 38,4% delle demolizioni eseguite rispetto al totale di 1496 ordinanze. Avellino, che ha abbattuto il 48% degli immobili abusivi, ben 480 su 1000 ordinanze emesse, risulta primo tra i capoluoghi del Sud.

Ma, e lo dimostrano anche i dati delle centraline Arpac in merito all'inquinamento da polveri sottili, preoccupa l'avanzare del fuoco doloso. L'Irpinia si colloca al sesto posto a livello nazionale con 161 roghi tra incendi dolosi, colposi e generici. «Il rapporto ecomafie dimostra che il fenomeno non si è arrestato, anzi è cresciuto, finanche nell'anno del lockdown. In Irpinia contiamo in media due ecoreati al giorno. Un dato allarmante che, però, al tempo stesso ci fa ben sperare perché emerge grazie alle denunce di cittadini e associazioni. E oggi le indagini, grazie alla normativa che ha disciplinato gli ecoreati come illeciti penali, vanno avanti», commenta Maria Teresa Imparato, presidente regionale di Legambiente. 

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Quindi l'appello alla politica: «In Campania bisogna chiudere il ciclo dei rifiuti, senza impianti si dà una sponda agli ecocriminali che si infiltrano in particolare nello spostamento dei nostri rifiuti al nord o all'estero. Senza impianti non esiste economia circolare. Servono politiche di prevenzione e controllo soprattutto in vista dei fondi del Pnrr che racchiude un pezzo importante di transizione ecologica. Vanno tenuti lontani gli ecocriminali che già tanto male hanno fatto alle nostre comunità». Una fotografia amara, quella irpina, per chi ha subito sulla propria pelle uno dei più grandi crimini ambientali. È il caso degli ex operai dell'Isochimica come Nicola Abrate: «Negli anni '80 noi eravamo giovani che si ritenevano fortunati per aver trovato un lavoro stabile. Non sapevamo quello che avremmo subito respirando amianto. I miei colleghi sono morti, altri sono in condizioni gravissime. Chi poteva evitare questa tragedia, finalmente cristallizzata da una sentenza di primo grado, non fece nulla né per noi né per i cittadini di Borgo Ferrovia. Se oggi c'è maggiore consapevolezza sui crimini ambientali, è anche grazie al nostro sacrificio».
 

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