Violenze contro i detenuti, indagata
anche dirigente penitenziaria irpina

Violenze contro i detenuti, indagata anche dirigente penitenziaria irpina
di Gianni Colucci
Mercoledì 30 Giugno 2021, 09:00 - Ultimo agg. 15:02
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Un gruppo di 13 agenti della polizia penitenziaria in assetto antisommossa partecipò alla durissima repressione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dell'aprile 2020. E c'è anche una dirigente della penitenziaria di Avellino nell'inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere sulle violenze avvenute nel carcere del Casertano il 9 marzo e il 5 e 6 aprile 2020, quando i detenuti manifestarono dopo la scoperta di alcuni casi di Covid.

La commissaria della polizia Penitenziaria Tiziana Perillo, comandante del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti di Avellino è indagata perché ritenuta responsabile in concorso con la sua omologa di Santa Maria Capua Vetere, Nunzia Di Donato di violenza e abuso di autorità su persone arrestate o detenuti oltre a reati di falso.

La dirigente insieme al vertice del dipartimento penitenziario della Campania, il provveditore Antonio Frullone; il commissario della Penitenziaria di Santa Maria Gaetano Manganelli e il comandante del Nucleo operativo di Secondigliano Pasquale Colucci, è stata ritenuta protagonista delle operazioni di repressione delle proteste che si svolsero a più riprese all'inizio della pandemia.

La procura ipotizza l'ipotesi che la dirigente (che ha accompagnato i propri uomini al carcere e non era presente alle operazioni all'interno dell'istituto), potesse anche rifiutarsi di operare in difformità ai comandi. In ogni caso la Perillo, che è difesa dall'avvocato Generoso Pagliarulo, non è in alcuna chat in cui si commentavano i fatti tra colleghi e non ha avuto ruoli nell'attività svolta nel carcere. Il Gip ha respinto la richiesta di misura cautelare nei suoi confronti.

La Perillo guidava gli uomini provenienti da Avellino che operarono a Santa Maria Capua Vetere, indossavano divise antisommossa, caschi e passamontagna modello mefisto, dunque dalle riprese video non è stato possibile risalire alla loro identità. Gli agenti che presero parte alle violenze furono in tutto 283, componenti del «Gruppo supporto interventi» alle dirette dipendenze del provveditore. Tra essi appunto anche agenti di Avellino, una novantina sono stati identificati. Si tratta di quelli in servizio nel Carcere di Santa Maria, il Raffaele Uccella, che gli inquirenti hanno individuato attraverso le testimonianze dei detenuti e i video della sorveglianza interna dell'istituto. In 3000 pagine di ordinanza sono descritte le violenze avvenute ai danni dei detenuti.

Le violenze nel reparto Nilo: la procura contesta l'arbitrarietà delle condotte degli agenti. Secondo la procura, avendo nei giorni precedenti inscenato manifestazioni di protesta i detenuti furono sottoposti alle perquisizioni disposte a scopo «dimostrativo, preventivo e satisfattivo, finalizzato a recuperare il controllo del carcere e appagare presunte aspettative del personale di polizia penitenziaria». Il procuratore spiega che dalle chat tra agenti «emergeva la reale causale, ossia dare il segnale minimo per riprendersi l'istituto e motivare il personale dando un segnale forte».

Le condotte, che hanno sfiorato anche agenti irpini, o comunque provenienti da Avellino, sono descritte come «la consumazione massificata di condotte violente, degradanti e inumane, contrarie alla dignità e al pudore delle persone recluse».

I detenuti presentavano ecchimosi e contusioni ed era stato loro impedito ogni colloquio a telefonico con i familiari. La scena che emerge per l'inquietante sequenza di violenza è quella relativa al corridoi umano formato dalla polizia penitenziaria all'interno del quale erano costretti a transitare i detenuti ai quali venivano inflitti calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello. A questa pratica sono seguiti pestaggi individuali anche quando le vittime erano ormai al suolo o quando erano costrette a stare in ginocchio.
Spiega Emilio Fattorello segretario campano del Sindacato autonomo della Penitenziaria: «Massima fiducia nella magistratura ma contestiamo le procedure adottate nelle notifiche dei provvedimenti. Le famiglie dei nostri colleghi hanno dovuto subire un fortissimo choc. A cui è seguita la gogna mediatica».

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