Autonomia differenziata, Clemente Mastella: «Così non va, noi sindaci tagliati fuori»

«Io sono e resto diffidente e non basta una visita del ministro Calderoli in Campania a farmi digerire tutto»

Clemente Mastella, ex ministro e sindaco di Benevento
Clemente Mastella, ex ministro e sindaco di Benevento
di Adolfo Pappalardo
Domenica 11 Dicembre 2022, 09:00 - Ultimo agg. 12 Dicembre, 08:35
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«Siamo passati dal centralismo statale a quello regionale: tagliando fuori i comuni che, ormai, non esistono più in alcuna discussione sulle riforme», ragiona Clemente Mastella, ex ministro e sindaco di Benevento, riferendosi ai colloqui «ad personam» che ruotano al progetto di Autonomia differenziata. In particolare dopo il vertice De Luca-Calderoli a palazzo Santa Lucia di ventriquattr'ore prima.

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Con chi ce l'ha?
«Non si può discutere di queste riforme con una visione, diciamo, così intimistica tra un ministro e un governatore che, tra l'altro, si è autoproclamato campione del Mezzogiorno.

Facendo poi un'inversione a 180 gradi: prendendosi qualche contentino quando appena qualche settimana prima il provvedimento avrebbe ammazzato il Mezzogiorno. Ora invece va tutto bene. E senza, ancora, pensare di coinvolgere i territori, totalmente esclusi da questo processo. Tutto declinato, in maniera stravagante, in una visione che oscilla tra centralismo statale e regionale escludendo completamente i sindaci su cui pesa sulle spalle la vita dei cittadini. Quelli che dovranno accedere ai cosiddetti servizi minimi garantiti».

Dal Nord al Sud è una continua richiesta di nuovi poteri in nome dell'autonomia e senza i lacciuoli della burocrazia.
«Spostare tutti i poteri sulle regioni rischia di rendere tutto più difficoltoso perché, al di là dei proclami e delle autocelebrazioni, non sono amministrazioni esenti da lentezze burocratiche. Anzi. Senza contare che non possiamo avere una Repubblica fatta di tante piccole repubbliche autonome. L'abbiamo visto durante l'emergenza Covid che avrebbe dovuto insegnarci qualcosa».

Cosa?
«Sulla gestione della pandemia tutti i presidenti hanno avuto una visione diversa. Tra chi voleva medici cinesi passando per chi voleva inoculare il vaccino russo Sputnik senza contare le ordinanze diverse in ogni parte dello Stivale. E, a cascata, abbiamo scoperto come ogni regione ha una sua visione centralistica in ogni comparto. Anche per le lampadine che danno per le luci di Natale. Eppure le Regioni nascono come enti di programmazione non di gestione che dovrebbe essere demandata ai territori. Eppure i comuni sono isolati: lavorano a ranghi ridotti perché hanno poco personale e le casse perennemente in rosso costringono molti sindaci a chiudere i bilanci in primavera e non a fine anno come dovrebbe essere».

Come vede il progetto di Autonomia di questo governo?
«Io sono e resto diffidente e non basta una visita del ministro Calderoli in Campania a farmi digerire tutto. La strada maestra è il Parlamento e non possiamo considerare, come accade ormai da mesi, la Conferenza Stato-Regioni come una terza Camera dove si decidono le sorti del Paese. E anche sui Lep, mi lasci dire, sono molto dubbioso perché sono stati varati sin dal 2001 ma non si è mai riuscito a quantificarli e a vararli. E credo che anche questa volta ci riusciremo. O almeno non nei tempi così brevi di cui ne parlano tutti».

È dubbioso solo perché voii sindaci siete tagliati fuori?
«Io sono diffidente perché alcune materie non vedo come possano essere gestire localmente. Prenda l'energia: ce la vede in mano ad un assessore regionale? Io vorrei solo che queste cose si discutessero da qualche parte, si sentisse anche la voce dei sindaci e non solo quella dei governatori. Loro, e mi riferisco a tutti, chiedono più poteri ma rischiamo di passare da un centralismo forte, quello messo all'indice dalla Lega, ad un centralismo regionale che può essere più pericoloso. Specie se in mano ad un notabilato che al Sud è ormai fortissimo. E se a livello romano abbiamo un Parlamento che bilancia i poteri, a livello locale non abbiamo nulla perché i consigli regionali non hanno più peso politico: tutto lasciato in mano a presidenti e giunte. E tutto questo efficientismo, io non lo vedo affatto».

Senza contare come i governatori aspirano a superare il limite del doppio mandato.
«Debbono spiegarmi anche questo. Perché i sindaci hanno una serie di vincoli, dal doppio mandato alle dimissioni sei mesi prima in caso di candidature, mentre i governatori possono godere di poteri enormi. Io non sono contro il terzo mandato ma allora la aggiorniamo la Costituzione per tutti con regole uguali». 

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