Benevento, capi d'asporto e «ciucci»
nella via dello shopping

Benevento, capi d'asporto e «ciucci» nella via dello shopping
Giovedì 8 Aprile 2021, 09:05 - Ultimo agg. 22:05
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Chiuso a chi? Corso Garibaldi è una carrellata di ingegno applicata al rispetto formale dei Dpcm. Se il governo persevera nel selezionare le tipologie commerciali teoricamente a rischio, gli esercenti beneventani non stanno a guardare e trovano il modo di riaprire. Abbigliamento, calzature, gioiellerie, oggettistica: davvero una minoranza ieri le attività con le saracinesche abbassate lungo la principale arteria cittadina già tempio dello shopping. Si va dall'escamotage furbo alla disobbedienza civile dichiarata, in un tripudio di giustificazioni che sa di resilienza e disperazione insieme. «Non avevo altra scelta se non riaprire» ammette candidamente Stefano Calandra, da 21 anni al timone del conosciuto Esteban. L'esposizione interna sembra un cantiere con il nastro bianco-rosso che separa i prodotti leciti da quelli off limits: «Vendo calzature e stando ai decreti dovrei restare chiuso - spiega Calandra - Ma gli stessi decreti prevedono che si possano vendere articoli per bambini. Così ho deciso di tornare in negozio per le poche scarpe da bimbo che ho. Non esiste un codice Ateco specifico, del resto. Ma al di là dei cavilli formali, la realtà dice che non è più pensabile lasciarci inattivi dopo quattro mesi di stop forzato. Con i cosiddetti ristori ho pagato l'affitto del locale, le bollette e il commercialista. Mi domando: secondo lo Stato come dovrei mangiare?».

Il vestire di lusso a Benevento fa rima con Gaya. Un brand iconico che colpisce trovare coinvolto nella riapertura: «Abbiamo capi di intimo e qualche articolo da profumeria che rientrano nei codici Ateco espressamente autorizzati - esordisce il patron Maurizio Lo Chiatto - Ma non voglio nascondermi dietro un dito: abbiamo riaperto perché non potevamo ancora sommare perdite a perdite.

Nel 2020 abbiamo fatturato 750mila euro meno del 2019. I ristori? 18mila euro. In questa vicenda c'è una montagna di punti oscuri e decisioni che lasciano a dir poco perplessi. In base a quale studio scientifico sono state individuate le attività da chiudere? Quali sono i criteri di validazione dei tamponi? Quali le reali catene di contagio? Su tutto questo non c'è adeguata informazione. Pertanto nessuno si adonti se un'attività commerciale che ha già subito danni enormi osa vendere un vestito portandolo via, senza farlo provare in negozio. Del resto si consente l'asporto ai bar dove entrano centinaia di persone al giorno, lo facciamo anche noi per i pochi clienti oggi in circolazione». 

Dove comprare un ciucciotto per il piccolo? «Da noi in gioielleria. Vendiamo anche quelli e abbiamo riaperto oggi (ieri, ndr) - rivelano Antonio ed Enrico Babuscio, autentiche istituzioni dei preziosi in città -. Abbiamo una linea di prodotti dedicata ai bebé per la quale è consentita la vendita. Ma è evidente che non immaginiamo di ottenere grandi ricavi. È più che altro un modo per testimoniare reazione a scelte che non condividiamo. Una gioielleria è per definizione l'attività più sicura in termini di contagi data la bassissima concentrazione contemporanea di utenti. E invece la si inserisce tra quelle da chiudere in nome di una malintesa gerarchia etica delle aperture che non ha alcun senso sul piano epidemiologico».

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In sintonia Salvatore De Lucia, decano dei commercianti del Corso con il suo De Lucia illuminazione attivo ininterrottamente dal 1961: «I decreti ci consentono di stare aperti ma dire che stiamo lavorando sarebbe una parola grossa. Vengo per puro spirito di servizio e per tradizione. Del resto siamo in attività da 60 anni. Purtroppo molti colleghi sono costretti a restare a casa da mesi. Ma mi domando in base a quali criteri si permette ai supermercati di essere affollati e in piccole botteghe invece non si faccia mettere piede a nessuno». Agli usci e sulle vetrine fioriscono cartelli sibillini e ammiccanti: «Per informazioni rivolgersi al...» con numeri di telefono ben in vista. Ma a cosa serviranno se i negozi sono chiusi? «Per avere informazioni sui nostri canali social e sulle vendite on line» spiega il titolare di un outlet presente in negozio, probabilmente consapevole di non aver convinto l'interlocutore. Tentato dal riaprire anche un ristoratore storico come Rosario Fragnito di Taverna Paradiso: «Avevo ricevuto qualche prenotazione per oggi (ieri, ndr) ma ho preferito evitare. Per il momento proseguiamo con il delivery ma non escludo di apparecchiare nei prossimi giorni». 

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