«Depuratori della Gesesa fuorilegge»,
12 sequestri e 33 indagati a Benevento

«Depuratori della Gesesa fuorilegge», 12 sequestri e 33 indagati a Benevento
di Enrico Marra
Sabato 16 Maggio 2020, 08:37 - Ultimo agg. 11:50
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Dodici depuratori sequestrati, 33 indagati, tra i quali un sindaco e due ex fasce tricolori, funzionari comunali, dirigenti e dipendenti di Gesesa e addetti ai laboratori di analisi e tecnici Arpac. È il bilancio di una nuova indagine collegata a quelle che nel luglio 2018 e nell'aprile 2019 erano sfociate in sequestri di depuratori e scarichi e in avvisi di garanzia per lo più ai primi cittadini per presunte omissioni circa lo scarico delle acque nei fiumi Sabato e Calore. «Questa volta dice il procuratore Aldo Policastro siamo andati a verificare come funzionano i depuratori lì dove sono collocati. Sono venute fuori irregolarità circa il funzionamento e situazioni di illegalità per le autorizzazioni». Il gip Loredana Camerlengo, che ha autorizzato i sequestri chiesti dalla Procura, ha respinto le richieste di arresti domiciliari per Piero Ferrari, Francesco De Laurentiis, Giovanni Rossi, Giovanni Tretola, Claudio Maraschiello e Giovani Ruggieri e la misura dell'obbligo di dimora per Raffaele Scarinzi. L'operazione, denominata «Cloralix», ha visto all'opera i carabinieri del Gruppo Tutela Ambiente di Napoli, che hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo dei dodici impianti di depurazione gestiti da Gesesa con nomina di un amministratore giudiziario per la loro gestione. Inoltre sono state effettuate perquisizioni nei confronti di diversi indagati.

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Gli inquirenti contestano agli indagati, con posizioni differenziate, i reati di inquinamento ambientale, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, gestione illecita di rifiuti, scarichi di acque reflue senza autorizzazione, abuso d'ufficio e falso ideologico. In azione anche i carabinieri forestali del Nipaf di Benevento. Gli accertamenti hanno consentito di riscontrare scarichi dalle fogne del capoluogo e di alcuni comuni nel Calore e Sabato dovuta in alcuni casi all'assenza di depuratori, con immissione di reflui inquinanti direttamente nei corsi d'acqua, e in altri al non corretto funzionamento dei depuratori esistenti da cui uscivano acque gravemente inquinate da solidi sospesi, alluminio e piombo, elevate concentrazioni di azoto ammoniacale e azoto nitrico e di «Escherichia coli» ben oltre i limiti previsti dalla normativa. Per l'accusa tutto ciò è il risultato di una cattiva gestione degli impianti da parte degli indagati, personale della Gesesa (tra gli indagati l'ad Cuciniello e il predecessore Ferrari), società che ha in gestione i depuratori, con la corresponsabilità, in taluni casi, dei responsabili di un laboratorio privato utilizzato per far apparire solo documentalmente i valori «conformi» ai parametri di legge i campioni delle acque di scarico. Gli inquirenti hanno constatato non solo il perdurare dell'inquinamento ma anche il complessivo peggioramento dello stesso rispetto all'epoca in cui non c'erano le apparecchiature, dovuto alle complessive carenze gestionali e impiantistiche dei depuratori ora posti sotto sequestro. Si tratta degli impianti di Benevento in località Ponte delle Tavole, Pontecorvo e Capodimonte; di Telese Terme, in località San Biase e Scafa; di Frasso Telesino, località Arbusti; di Melizzano, località Lago; di Forchia, località Cagni; di Castelpoto, località Portelle; di Ponte, via dei Longobardi; di Sant'Agata de' Goti, località Reullo; di Morcone, zona industriale località Piana. Dalle investigazioni è emerso che alcuni degli indagati non solo, «pur pienamente al corrente del malfunzionamento della maggior parte degli impianti, non adottavano i dovuti provvedimenti ma, addirittura, adottavano espedienti finalizzati a mascherare le inefficienze degli impianti, che finivano così per cagionare ulteriore inquinamento dei corsi d'acqua». I dipendenti indagati di Gesesa secondo l'accusa riuscivano anche «a influenzare in diversi casi pubblici ufficiali, in particolare alcuni sindaci e responsabili di uffici comunali del Sannio che, al fine di evitare sanzioni alla società che gestiva gli impianti, rilasciavano illegittime autorizzazioni, e la Gesesa finiva così con il risparmiare i costi dello smaltimento di rifiuti liquidi che avrebbero dovuto essere prelevati con autoespurgo e avviati al trattamento in impianti terzi con costi aggiuntivi.
 


Tra i casi menzionati nell'ordinanza del Gip quello del sindaco di Vitulano Raffaele Scarinzi che, secondo l'accusa, con un geometra comunale, per sanare l'assenza del titolo autorizzativo, aveva redatto un'autorizzazione provvisoria allo scarico del depuratore comunale retrodatandola di due mesi.
Irregolarità circa un'autorizzazione per un impianto per l'ex sindaco di Frasso Giuseppe Di Cerbo. Inoltre viene contestato ad alcuni dirigenti del Comune di Benevento, Maurizio Perlingieri, Angelo Tuzio e Luigi Panella, di aver redatto un'autorizzazione alla Gesesa in riferimento all'impianto di depurazione di Pontecorvo pur essendo la richiesta presentata in ritardo. Altre irregolarità sono state contestate per l'autorizzazione a firma di Luigi Basile, altro dirigente del Comune di Benevento, all'impianto di Ponte delle Tavole che ha consentito a Gesesa di risparmiare sui costi di espurgo. 

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