Il «tesoro della Rocca»,
giallo sulla scomparsa

Il «tesoro della Rocca», giallo sulla scomparsa
di Nico De Vincentiis
Domenica 28 Luglio 2019, 16:00
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La caccia al tesoro continua. Come nei romanzi più avvincenti. Hanno iniziato in pochi, gli organizzatori di una mostra sui segreti della Rocca dei Rettori, ora le squadre di ricerca sono molte e ognuna possiede una sua bussola per orientare il cammino verso i preziosi reperti rinvenuti durante la campagna di scavi che si svolse tra il 1991 e il 1998. Oggetto dell'intervento appunto il ventre della rocca e le mura longobarde.
 
La mappa che si sta seguendo in questa caccia al tesoro è datata VIII secolo avanti Cristo e anno 870 e dintorni. Sono i secoli ai quali si riferiscono le migliaia di reperti venuti alla luce e mai più visti. Dicevamo dei cacciatori. Sono stati coinvolti progressivamente, nel giro di alcuni anni, il tenace direttore artistico (architetto Maglione) di una possibile mostra sulla storia degli scavi, i vertici dell'Amministrazione provinciale, titolare del monumento al centro della ricerca (prima Ricci e ora Di Maria), quelli delle Soprintendenze di Caserta-Benevento e Salerno-Avellino, quest'ultima all'epoca degli scavi comprendeva anche Benevento. Inoltre la squadra di tecnici coinvolta per alcune ricognizioni. L'ultimo colpo di scena è la risposta ufficiale che la soprintendente di Salerno Francesca Casule e la funzionaria archeologa Luigina Tomay hanno spedito al presidente della Provincia che a giugno aveva formalmente chiesto loro notizie sui reperti. L'ultimo presunto indizio, sostenuto dai carteggi dell'allora responsabile degli scavi Pina Bisogno, infatti portava alla cassaforte della sede di Salerno dove si riteneva fossero custoditi i pezzi più pregiati della collezione.

«Nulla di associabile alla campagna di scavi degli anni 90», questo scrivono i vertici di Salerno. Risultato delle ricerche zero. «Nulla, né nei depositi della sede salernitana che del museo archeologico di Pontecagnano». Il mistero della Rocca diventa così un vero e proprio giallo. La mappa del tesoro che non c'è passa ora nelle mani dei vertici della Soprintendenza Caserta-Benevento. Nei suoi locali si trovano in realtà 500 casse, aperte solo di recente. La verifica ha portato alla conclusione che in realtà il vero «tesoro» sia da un'altra parte. Il materiale contenuto nelle casse non sarebbe, secondo i risultati della ricognizione fotografica affidata ad esperti, particolarmente significativo. I tecnici hanno effettuato congiuntamente anche una catalogazione dei pezzi messi a loro disposizione dalla Soprintendenza e studiato i documenti di archivio.

E allora dove si trovano i preziosi pezzi della collezione-Rocca? La mappa del tesoro probabilmente passerà nelle mani del soprintendente della Sabap Salvatore Buonomo e del responsabile archeologo Simone Foresta ai quali a questo punto il presidente Di Maria chiederà certamente ulteriori indagini. Ricordiamo che, nel corso degli scavi, furono rinvenuti innanzitutto i resti del «Castellum acquae», il ramo beneventano dell'acquedotto Augusteo del Serino. Inoltre le tracce dell'abbazia di Porta Somma, e una necropoli con 34 sepolture risalenti anche all'VIII-VII secolo avanti Cristo. Nelle tombe c'erano corredi funerari, ceramiche, fibule d'argento, di ferro e di bronzo, coppe, anfore, collane, anelli, spille e monete. Nello stesso periodo fu esplorata l'area degli attuali giardini De Simone, a ridosso delle mura longobarde di viale dei Rettori, dove fu rinvenuta una necropoli sannitica realizzata su sepolture molto più antiche e orientalizzanti. Nelle tombe reperti preziosi, tra cui fibule e spille in oro, vestiario e soprattutto si puntò l'attenzione sulla particolare tecnica di costruzione delle tombe.

«Appena avrò a disposizione la nota della Soprintendenza di Salerno dice il responsabile archeologo Simone Foresta farò tutto quello che mi compete per chiarire il caso, soprattutto ricostruire con precisione il percorso dei reperti dagli anni relativi agli scavi ad oggi. Spero si possa giungere a una conclusione che consenta di valorizzare il lavoro di quegli anni e soddisfare le aspettative culturali del territorio».
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