Benevento, i «gioielli» della Rocca
in 14 cassette sparite: è giallo

Benevento, i «gioielli» della Rocca in 14 cassette sparite: è giallo
di Nico De Vincentiis
Venerdì 13 Settembre 2019, 12:00
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E pensare che tutto è partito dall'idea di organizzare una mostra. La fatica e gli intrecci di carattere istituzionale per incasellare tutti i passaggi verso l'obiettivo hanno consentito di imbattersi in un giallo, forse tra i più fitti in materia, il cui sviluppo potrebbe ora portare a scenari finanche inquietanti. Si tratta dei reperti archeologici provenienti dalla campagna di scavi effettuata dal 1991 al 1998 nel sottosuolo della Rocca dei rettori e lungo una parte della cinta muraria di epoca longobarda. Reperti databili dall'VIII secolo avanti Cristo all'anno 870.
 
Ebbene, del prezioso contenuto emerso da quell'operazione, portata avanti dall'allora Soprintendenza ai beni archeologici di Salerno, non si ha più traccia. Almeno seguendo il percorso fino ad ora svolto dall'amministrazione provinciale di Benevento (titolare della Rocca) e dagli organizzatori dell'evento espositivo. Alla caccia del tesoro sono stati chiamati naturalmente anche dirigenti e funzionari dell'attuale Soprintendenza ai beni archeologici, architettonici e paesaggistici di Caserta e Benevento che è subentrata, accorpandone le funzioni, a quella salernitana.

Prima dell'estate la soprintendente di Salerno Francesca Casule e la funzionaria archeologa Luigina Tomay spedirono al presidente della Provincia, che aveva formalmente chiesto loro notizie sui reperti, una nota nella quale si affermava che «nulla di associabile alla campagna di scavi degli anni 90 relativa alla Rocca dei Rettori, è depositato né nella sede salernitana che nel museo archeologico di Pontecagnano». In particolare veniva smentito l'ultimo presunto indizio, sostenuto dai carteggi dell'allora responsabile degli scavi Giuseppina Bisogno, che portava alla cassaforte della sede salernitana dove si riteneva fossero custoditi i pezzi più pregiati della collezione. Ora spuntano altri documenti che attestano l'avvenuta consegna proprio alle autorità ministeriali della sede di Salerno di 14 cassette contenenti alcuni dei principali reperti venuti alla luce con gli scavi degli anni 90. La lettera di trasmissione firmata dall'allora soprintendente di Salerno Giuliana Tocco (numero di protocollo 10209) del 3 giugno 1993 partì dall'allora sede della Soprintendenza per Benevento che era il Teatro Romano in direzione Museo di Pontecagnano e conteneva in allegato naturalmente l'elenco dei reperti consegnati.

Ricordiamo che altro materiale, probabilmente di minore importanza e ancora in corso di catalogazione, è contenuto in 500 casse, aperte solo di recente, depositate all'interno del centro operativo della Soprintendenza nell'ex convento «San Felice» di Benevento.

Allora dove si trovano i «gioielli» della Rocca? Il presidente della Provincia Di Maria ha chiesto al soprintendente Salvatore Buonomo e al responsabile archeologo Simone Foresta ulteriori indagini. Ricordiamo che furono scoperti, in sette lunghi anni di scavi, i resti del «Castellum acquae», il ramo beneventano dell'acquedotto Augusteo del Serino, le tracce dell'abbazia di Porta Somma, e una necropoli con 34 sepolture risalenti anche all'VIII-VII secolo avanti Cristo. Nelle tombe c'erano corredi funerari, ceramiche, fibule d'argento, di ferro e di bronzo, coppe, anfore, collane, anelli, spille e monete. Nello stesso periodo fu esplorata l'area degli attuali giardini De Simone, a ridosso delle mura longobarde di viale dei Rettori, dove fu rinvenuta una necropoli sannitica realizzata su sepolture molto più antiche e orientalizzanti. Anche in queste tombe reperti preziosi, tra cui fibule e spille in oro, vestiario.

Il caso delle testimonianze archeologiche sparite nel nulla richiama il tema più generale della gestione e valorizzazione dei beni culturali e archeologici, spesso anche nella fase di studio e catalogazione. Nel caso specifico appare certo che, come dimostra il carteggio, si tratta dei passaggi dalle aree di scavo alla sede del Teatro Romano, quindi lo smistamento, a seconda del valore e delle necessità di restauro, in altre sedi. Fatto sta appare ora incerta anche la sorte dei tanti reperti venuti alla luce nella maxi campagna di scavi di contrada Cellarulo (anche all'epoca la Soprintendenza era quella di Salerno) e di tante altre realizzate nei punti del sottosuolo cittadino indagati nei decenni.
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