Immigrati come schiavi nella fabbrica tessile:
imprenditore in arresto, azienda sequestrata

Immigrati come schiavi nella fabbrica tessile: imprenditore in arresto, azienda sequestrata
Giovedì 4 Febbraio 2021, 11:02
3 Minuti di Lettura

Sfruttava i dipendenti, lavoratori stranieri, costringendoli a lavorare oltre 12 ore al giorno in condizioni degradanti e a vivere in abitazioni per le quali trattenevano parte della misera retribuzione. La Squadra mobile di Benevento ha eseguito oggi la misura cautelare degli arresti domiciliari, disposta dal Tribunale di Napoli sezione Riesame su appello della Procura avverso l'ordinanza di rigetto del gip, nei confronti di un uomo indagato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in concorso con altre tre persone indagate a piede libero.

Le indagini sono iniziate nel gennaio 2018  a seguito di un controllo stradale sul destinatario della misura da parte degli agenti del Commissariato di Telese Terme. L'uomo guidava un autocarro all'interno del quale vennero sorprese 5 persone di nazionalità straniera, prive di documenti di identificazione, le quali, come accertato successivamente, prestavano attività lavorativa nell'azienda di famiglia dell'uomo, a Dugenta (Benevento).

Dai successivi approfondimenti sull'attività dell'azienda impegnata nel settore della lavorazione dei tessuti, è emerso che gli indagati assoggettavano i dipendenti a condizioni di lavoro ed alloggiative degradanti, in alcuni casi mettendo a disposizione delle abitazioni dietro versamento di corrispettivo che veniva trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione dovuta, pari alla somma di 20 euro al giorno. Tale cifra appariva del tutto sproporzionata rispetto al carico di lavoro imposto e prestato che prevedeva uno svolgimento dalle ore 5.15 del mattino fino alle ore 17.30, in spregio della regolamentazione prevista dai contratti collettivi e in palese violazione delle norme in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro.

Video

Nell'ambito delle indagini si è proceduto al sequestro preventivo dell'opificio in questione nonché di un locale ad esso adiacente e dei materiali tessili pronti all'impiego. Gli indagati, nonostante il provvedimento emesso nei loro confronti, hanno trasferito l'attività in un altro immobile, individuato e a sua volta sottoposto a sequestro preventivo. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il ruolo predominante nella commissione dei fatti criminosi era rivestito dal destinatario della misura cautelare, il quale abitualmente si rivolgeva ai lavoratori con appellativi offensivi e con espressioni minacciose ed esercitava il suo potere di sorveglianza anche al di fuori dei luoghi e orari di lavoro, entrando arbitrariamente nelle private dimore dei dipendenti. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA