Improta attirato in una trappola,
ucciso e bruciato dai suoi complici

Improta attirato in una trappola, ucciso e bruciato dai suoi complici
di Enrico Marra
Giovedì 28 Febbraio 2019, 11:30
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Un delitto per occultarne un altro provocato dopo una rapina. A distanza di dieci mesi gli inquirenti hanno individuato i due autori dell'omicidio di Valentino Improta, 26enne di Montesarchio: si tratta di Paolo Spitaletta, 50 anni, e Pierluigi Rotondi, 31 anni, entrambi di Tocco Caudio. Inoltre indagati per favoreggiamento Eugenio Perone, 48 anni, destinatario della misura dell'obbligo di dimora a Bonea, e Sandro Cerulo, 36 anni, che dovrà rispettare l'obbligo di firma presso i carabinieri di Cautano. Entrambi gli incriminati erano già in carcere. Spitaletta era stato arrestato il 22 maggio del 2018 perché ritenuto responsabile della rapina ai danni di anziani a Montesarchio avvenuta il 10 aprile e conclusasi con la morte di Giovanni Parente, 83 anni, dopo una degenza di quindici giorni in ospedale per le ferite riportate nel raid. Rotondi era in carcere per una rapina a un distributore di carburante.

Le ordinanze del Gip Flavio Cusani sono state adottate dopo le indagini coordinate dalla Procura e svolte dai carabinieri della Compagnia di Montesarchio e del Nucleo Investigativo del comando provinciale. Le imputazioni per i due sono di omicidio premeditato e soppressione e distruzione del cadavere di Improta.
 
Alla base delle indagini intercettazioni telefoniche, microspie, apparecchiature satellitari per ricostruire gli itinerari delle auto degli indagati e gli esami dei Ris sull'auto dove fu trovato il cadavere e su una Mercedes classe A in uso agli imputati, oltre alle dichiarazioni di alcuni testi. Il corpo del giovane carbonizzato fu rinvenuto su una Fiat Grande Punto, trovata completamente incendiata, in località Cepino di Tocco Caudio, un luogo isolato sul Monte Taburno. L'uomo era stato ucciso con due colpi alla nuca esplosi da un fucile a canne mozze, calibro 12. Il movente che ha spinto i due ad uccidere il giovane, come ricostruito dagli inquirenti, era il timore che Improta potesse rivelare i complici della rapina commessa nella casa dei due anziani di Montesarchio e gli autori di altri furti e rapine commesse nella zona. Le indagini hanno appurato che Improta, avendo avuto un avviso di garanzia perché sospettato di essere l'autore della rapina ai danni dei due anziani, aveva minacciato il suo complice Spitaletta di vuotare il sacco qualora fosse stato arrestato. Nel timore che Improta potesse quindi trasformarsi in collaboratore di giustizia per l'omicidio di Parente, sia Spitaletta che Rotondi avevano deciso di ucciderlo.

Da qui la decisione di attirarlo in una trappola dicendogli che avrebbero fatto un furto di rame sul Taburno. La sera del 2 maggio la vittima, secondo l'accusa, a bordo della Fiat Grande Punto alle 22 aveva raggiunto Spitaletta e Rotondi, che erano su un'altra auto, nei pressi di un ristorante di Tocco Caudio, prologo al furto di rame. I tre, dopo aver raggiunto la località Le Martine di Tocco Caudio, si erano divisi: Rotondi era rimasto a bordo dell'auto in sosta, in attesa che venisse consumato l'omicidio. Spitaletta era salito sulla vettura di Improta e dopo aver raggiunto la località Cepino sul Taburno, parcheggiata la vettura, aveva esploso i due colpi di fucile. Subito incendiava l'auto. L'omicida ha poi raggiunto l'area dove l'attendeva il suo complice Rotondi. A Spitaletta, difeso dagli avvocati Antonio Leone ed Enza Falco, l'ordinanza è stata notificata presso il carcere di Secondigliano, mentre a Rotondi, difeso dagli avvocati Francesco Fusco ed Elvira Pancani, la notifica presso il carcere di Capodimonte. Notificati anche i provvedimenti a Perone a Bonea (difeso da Fucci) e a Cerulo a Cautano. I familiari di Improta sono assistiti dagli avvocati Paolucci, Marcarelli, Cornacchione e Sguera.
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