Sprofondo giallorosso. Per la seconda volta, il Benevento torna in B dopo un solo anno in massima serie. Il pari a reti bianche di Lazio-Torino permette ai granata di salvarsi con un turno d'anticipo e condanna i giallorossi alla discesa in cadetteria al termine di una seconda fase di stagione da incubo. Il dramma è servito, al Benevento ancora una volta sono fatali i risultati delle altre. Non ce l'ha fatta Simone Inzaghi ad aiutare Pippo. Troppo risicate le motivazioni dei biancocelesti, oltretutto scesi in campo in formazione rimaneggiata (fuori calibri come Milinkovic-Savic, Correa e Caicedo) e con una panchina cortissima, decisamente più solide le ambizioni e le speranze del Torino, che si concretizzano in una gara giocata senza risparmio.
Le ultime speranze dei tifosi giallorossi si infrangono su due pali: quello colpito su calcio di rigore da Immobile al minuto 83, ma soprattutto quello di Lazzari al 95', con tanto di fallo in area di Bremer su Muriqi non fischiato. In precedenza a fare le differenza erano state le parate di Sirigu, più volte decisivo come ad esempio su Lulic ed Escalante.
A nulla sono valsi i cambi di Simone Inzaghi, che ha provato in tutti i modi di fare una cortesia al fratello più grande, ma non aveva a disposizione grandi risorse. Pensare che l'ultima sfida senza un gol della Lazio in casa risaliva addirittura al 5 febbraio del 2020. Una vera e propria beffa per il Benevento, che ci ha creduto a lungo, ma alla fine retrocede senza neppure giocare l'ultima partita. Al Benevento non resta che piangere sul latte versato, rimuginare sulle innumerevoli occasioni gettate al vento, sui vantaggi sprecati, sulle rimonte subite, sui gol regalati e soprattutto su quel vantaggio di 10 punti sulla terzultima che in alcune circostanze poteva addirittura essere incrementato e poi dilapidato in poche settimane.
La prima stagione in A, quella dell'apparizione fugace, sarebbe dovuta servire da lezione ma così, alla fine, non è stato. È palese che sul convulso finale di campionato abbia inciso anche qualche scelta discutibile da parte della classe arbitrale, come pure la decisione di far disputare il recupero della sesta giornata, rinviato per Covid, alla penultima (con il rischio concreto che la Lazio non si sarebbe giocata nulla), ma è altrettanto evidente che il Benevento avrebbe potuto tranquillamente evitare di trovarsi in una situazione talmente disperata da posizionarsi sull'orlo di un precipizio pronto a farsi spingere giù senza possibilità di aggrapparsi a nulla.
L'AMBIENTE
L'ultima sfida a Torino servirà solo a riempire i tabellini, e chissà che Vigorito non decida di mandare la Primavera.
L'unica nota lieta è rappresentata dalle parole del presidente Vigorito che lunedì sera, nel corso della trasmissione Ottogol, ha rassicurato i tifosi sulla sua permanenza al timone della società. «Il Benevento c'è, Vigorito c'è. E la storia magica del calcio non finisce qua, perché questo sport, in questa città, è il nostro sogno e i sogni non finiscono neanche quando ti svegli. Bisogna avere la capacità di sognare anche dopo. E noi proveremo a sognare sempre, in un modo o nell'altro». Una dichiarazione d'amore, la testimonianza di un legame indissolubile con la gente, con la città, con i colori sociali. Oreste Vigorito ha fatto chiaramente intendere che andrà avanti. Di certo cambieranno molte cose. La separazione con Inzaghi è imminente: le strade del club sannita e del tecnico si separeranno nei prossimi giorni. Pippo rifletterà sul da farsi, non è escluso che si prenda un anno sabbatico. Dovrebbe restare invece Pasquale Foggia, ma prima ci sarà un confronto con il presidente per capire cosa realmente non ha funzionato. Si dovrebbe ripartire con un nuovo progetto, un nuovo allenatore, diversi calciatori nuovi. Nonostante siano sotto contratto, alcuni di loro non saranno riconfermati. I comportamenti sopra le righe, in campo e nello spogliatoio non saranno perdonati.