Lo scorso 6 aprile era scattato il blitz della Guardia di finanza su ordinanze emesse dalla Dda per ventiquattro indagati, di cui quattordici beneventani (gli altri sono napoletani). L'imputazione era quella di associazione a delinquere specializzata nella detenzione e spaccio di droga, (cocaina, hashish, marijuana e semi di canapa indiana).
Successivamente il sostituto procuratore della Dda Francesco Raffaele aveva chiesto il rinvio a giudizio per quindici indagati che hanno tutti patteggiato.
L'inchiesta - che era stata portata avanti con l'utilizzo di intercettazioni telefoniche, ambientali e pedinamenti - riguardava fatti che si sarebbero verificati nel 2017 su cui le fiamme gialle avevano indagato, arrivando alla conclusione di trovarsi di fronte a un'associazione a delinquere composta da due gruppi (uno sannita e l'altro napoletano) che puntavano a «monopolizzare il mercato di stupefacenti nelle città di Napoli e Benevento».
La tesi dell'accusa era che le piazze di spaccio venivano rifornite da appartenenti all'associazione, i cui componenti avevano compiti ben definiti. Tra l'altro, i beneventani usavano auto a noleggio o intestate a terze persone per rifornirsi di droga a Napoli, con l'obiettivo di sfuggire alle forze dell'ordine e utilizzavano un linguaggio in codice per i colloqui con gli acquirenti.